Per gli Xiu Xiu l’amicizia è la sola cura
Musica Esce domani il dodicesimo album della band dal titolo «Oh no». «L’universo queer fa parte delle canzoni. Il nostro intento è scrivere di vita vissuta»
Musica Esce domani il dodicesimo album della band dal titolo «Oh no». «L’universo queer fa parte delle canzoni. Il nostro intento è scrivere di vita vissuta»
«Jamie ha bisogno di prendersi del tempo per concentrarsi sulla sua salute mentale e avere il riposo che gli serve per farlo», così recitava il comunicato della Polyvinyl Records quando, nel settembre del 2019, comunicava l’interruzione del tour di Girls with basket of fruit, undicesimo disco della band Xiu Xiu. Questa capacità di mettersi a nudo, il coraggio di mostrare la propria vulnerabilità e metterla in musica, al limite della provocazione, sono forse tra le componenti che hanno fatto sì che negli anni attorno agli Xiu Xiu si consolidasse un seguito di affezionatissimi, di semplici fan, di cultori della sperimentazione, di colleghi musicisti. Sempre in bilico tra profondità e ironia, oltrepassando generi e definizioni, in continua trasformazione anche in virtù di una line-up rinnovata di album in album, gli Xiu Xiu si sono spessi confrontati con argomenti tabù, alla ricerca della più totale sincerità. Affrontando infine un tema reso quanto mai attuale dalle restrizioni dovute alla pandemia, quello del benessere e dell’equilibrio mentale degli artisti.
LA SCRITTURA di Oh no, il nuovo disco in uscita domani, ha accompagnato Jamie Stewart nel suo percorso di guarigione. «Sono davvero caduto a pezzi» spiega, «ma allo stesso tempo molte persone, fan degli Xiu Xiu o vecchi amici, si dimostravano incredibilmente gentili e premurose con me. Tutto ciò mi ha fatto sentire di nuovo con i piedi per terra. Spesso poi chi ha problemi di salute mentale si rivolge alla musica per tentare di trovare un po’ di senso. Io sono molto fortunato anche perché faccio un lavoro che posso usare per gestire queste difficoltà».
DALLA VOGLIA di manifestare tutta la gratitudine verso chi lo ha aiutato a rialzarsi, è nata l’idea di un disco di duetti, in cui compaiono ospiti come Angus Andrew dei Liars, Haley Fohr, Chelsea Wolfe che prende parte a una versione acidissima di One hundred years dei Cure. «Solo con tre autrici ho potuto lavorare di persona, Sharon Van Etten, Alice Bag e Angela Seo (compagna di band e produttrice del disco, nda), tutti gli altri mi hanno spedito dei file. E nessuno di questi è tornato indietro come mi aspettavo. Ed è quello che in realtà volevo. Tutti hanno fatto un lavoro spettacolare».
Goodbye for good, ballad distortissima scritta insieme a Greg Saunier, batterista dei geniali Deerhoof, è uno dei brani più interessanti, dove prende forma la crudele prospettiva ambientalista di animali e piante, che sarebbero ben felici di assistere alla scomparsa dell’umanità. «Amo stare in mezzo alla natura» racconta Stewart. «Mi capita di sentire una connessione totale con la natura. Ma quasi inevitabilmente la sensazione che ricevo dalle piante in risposta è un “Fottiti, lasciami in pace, cosa stai facendo a questo mondo?”. Mi sembra assolutamente sensato, visto che gli esseri umani approfittano di qualsiasi opportunità sia loro concessa per distruggere il mondo delle piante. Ho voluto dunque esplorare questa prospettiva, il mio è anche un minuscolo tentativo di scusarmi per quello che stiamo facendo». In A classic screw appare invece Fabrizio Modonese Palumbo dei Larsen, band di Torino che con gli Xiu Xiu. Con i Larsen, gli Xiu Xiu condividono non solo l’afflato ecologista ma anche la prospettiva queer, che ha reso Jamie Stewart un punto di riferimento per una comunità di fan che trova nella musica un utile strumento per affrontare le questioni di genere. «Io sono una persona queer, ho esperienze queer e per questo tutto ciò fa parte di molte nostre canzoni. L’intento degli Xiu Xiu fin da inizio carriera è di scrivere di vita vissuta. Noi cerchiamo solo di essere noi stessi e di essere aperti al mondo. Se questo è il risultato è bellissimo, ne siamo onorati».
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