Per François Houtart
La lettera Quella volta che senza di lui non ce l'avremmo fatta
La lettera Quella volta che senza di lui non ce l'avremmo fatta
Aspettavamo François Houtart qui a Bruxelles per il corso estivo del Cadtm cui partecipava ogni anno. E per i seminari sul Capitale di Marx, in occasione dei 150 anni, che aveva annunciato. Purtroppo non lo vedremo più.
Di lui è già stato scritto (il manifesto di ieri, pagina 16, ndr). Voglio solo ricordare una vicenda personale in cui Houtart mi ha molto aiutato. Io ho vissuto per dieci anni in America latina, in Colombia, perchè lì ho lavorato con Padre Xavier Giraldo con Justitia e Pax, fin quando fui obbligato a lasciare il paese. Di François Houtart sapevo tutto, naturalmente, compresa la sua partecipazione al Tribunale per i diritti dei Popoli (creato da Lelio Basso), sull’impunità per i crimini compiuti dai regimi militari nell’America latina.
Tornato nel mio paese, in Belgio, proprio grazie alla Fondazione Basso, divenni assistente al Parlamento Europeo di Luciana Castellina. E fu allora che demmo inizio a una campagna conto l’Ambasciatore della Colombia in Belgio, Carlos Arturo Marulanda, che utiilizzava nella sua regione di provenienza, il Cesar, gruppi paramilitari per allontanare (e uccidere) contadini sì da estendere la sua proprietà. Per questa campagna, che durò molto a lungo, fui denunciato dall’ambasciatore come «terrorista» e Luciana, allora presidente di commissione, fu chiamata dalla Commissione esecutiva e ammonita per il fatto di avere uno come me quale assistente. E invitata ad allontanarmi quanto prima. Il nostro ufficio al Parlamento era diventato in effetti il punto d’approdo di tutti i contadini colombiani che riuscivano a scappare in Europa.
Naturalmente resistemmo, e anzi intensificammo la campagna, con larga partecipazione di molte organizzazioni. ma la cosa straordinaria è che, alla fine, abbiamo vinto: l’ambasciatore Marulanda fu dichiarato persona non grata dal governo belga, costretto ad andarsene, in seguito incarcerato in Spagna per due anni.
Ebbene in questo lungo periodo François Houtart, che viveva ancora in Belgio, ci è stato sempre vicino, ed è allora che l’ho incontrato personalmente. Mi inviava regolarmente dei piccoli messaggi per incoraggiarmi a non mollare, a perseverare nella campagna che lui stesso contribuiva ad animare. Senza il suo appoggio forse non ce l’avremmo fatta.
Di quella vicenda è restato solo un pesante strascico: l’etichetta di «terrorista» mi è restata appiccicata per quanto riguarda i servizi degli Stati Uniti (l’ex ambasciatore aveva anche la cittadinanza americana). E così non solo non posso recarmi in quel paese, ma non posso neppure prendere aerei che sorvolino il suo territorio o le sue acque territoriali, che si attraversano per andare in Messico o in Canada. Comunque non rimpiango di aver condotto quella sacrosanta battaglia!
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