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Per dove dobbiamo andare?

Verità nascoste L’uso della citazione di Seneca da parte di Casaleggio jr., andrebbe visto con sospetto. Se l’aforisma ha nei nostri giorni qualche indiretta validità, è nel ammonire che è pericoloso seguire i venti favorevoli se non sai dove ti stanno portando

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 15 aprile 2017

Casaleggio jr. ha citato Seneca: non c’è vento favorevole se il marinaio non sa dove vuole andare (a che porto è diretto). La citazione  non è caduta in mezzo a noi per caso. La mossa è stata studiata. Quando l’intelligenza della vita arranca, il decisionismo prende il suo posto dentro di noi e guida la nostra azione. Si appella alla confusione generale, che cerca una via d’uscita nell’ottusità, e la sventurata risponde. L’appello fa mercato. La stupidità che studia, fa ricerca è la peggiore di tutte: il suo successo nell’ottenere consensi la fa sembrare lungimiranza.

L’uso della citazione di Seneca da parte dell’esponente del M5S, andrebbe visto con sospetto. Se l’aforisma ha nei nostri giorni qualche indiretta validità, è nel ammonire che è pericoloso seguire i venti favorevoli se non sai dove ti stanno portando. Disgraziatamente è proprio ciò che i populismi che intralciano il nostro avvenire stanno facendo. Coloro che vogliono fare i padri restando figli – il sogno dell’eterna adolescenza che tanto può essere, sul piano individuale, simpatica e scapestrata, quanto, sul piano collettivo, una peste disastrosa – non hanno altra scelta che bluffare. Spostare l’attenzione lontano dalla loro pretenziosa immaturità, usando il vento che può distrarre.

Casaleggio jr., l’uomo della provvidenza nuovo (il terzo che la sorte ci ha riservato negli ultimi due decenni), si guarda bene da indicare quale è il porto, l’obbiettivo chiaro, da raggiungere, né quali sono i venti favorevoli da sfruttare. Renzi (che sulla scia di Berlusconi, è diventato il riferimento di tutti i nostri promessi salvatori), gli ha indicato la strada. Una sua intervista a un giornale nazionale, in cui annunciava il suo ritorno sulla scena politica (dalla quale non si era allontanato), è rimasta memorabile perché nessuno si ricorda cos’abbia detto.

Dire a quale porto stai portando la nave non conviene. Rischi di scontentare i passeggeri che di quel porto non vogliono neanche sapere e, soprattutto, rendi evidente che in realtà navighi a vista, non sapendo che pesci pigliare. E allora ti può cadere addosso la domanda più appropriata che è anche la più imbarazzante: «Ma tu sai navigare?».

L’obiettivo chiaro, ma non dichiarato, è un artificio psicologico che conoscono bene gli struzzi. Tutto sommato corrisponde alla chiara determinazione (madre di tutti i decisionismi) di restare immobili in terra ferma. Mentre gli esploratori dell’acqua dolce (che hanno o aspirano ad avere le leve di commando) girano su se stessi (pensando di essere in movimento), capitani e marinai esperti salvano il salvabile, in attesa di tempi migliori. Non hanno ambizioni e visioni messianiche, ma conservano lo sguardo acuto e sanno quello che fanno.

La moltitudine dei capaci non può reggere da sola il nostro destino se la rappresentanza politica, che deve dare alle capacità visione e progettualità, tradisce il suo mandato e pensa solo alla sua autoconservazione: il più chiaro e il più immobile degli obiettivi. Sapere dove vai non significa che sai come andarci e saperlo non significa che questo è per te il posto giusto. Il mondo non è fatto per i marinai che amano i porti certi, sicuri. Pretendere di viaggiare, restando fermi, sarebbe comico (il “dove” e il “come” si confondono) se non fosse che quando il viaggio stagna, la folla può impazzire.

I greci non miravano a un posto preciso navigando verso l’Italia meridionale. Colombo ha trovato l’America, cercando l’India. Cercava, in realtà, una rotta che schiudesse i confini del mondo. Itaca ci ha dato il bel viaggio, l’apertura dell’orizzonte. Disse Kavafis.

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