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Pensiero, parola, lotta

Pensiero, parola, lotta

Nanni Balestrini Lo sperimentalismo e le azioni di una figura controcorrente che dava «Istruzione preliminari»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 8 giugno 2019

Nella figura di Nanni Balestrini si riassume un’intera stagione di storia e di cultura, italiana ed europea. Fu il tempo degli intellettuali militanti: dentro una temperie di lotte operaie e giovanili che fecero epoca e che segnarono il destino delle successive generazioni.
Fino all’esaurirsi di quella spinta di liberazione sotto i colpi di una feroce vendetta di sistema. Il grido disperato di Nanni, a riflusso appena avviato, che si legge ne Gli invisibili:«non è possibile che fuori non c’è più nessuno…. dove siete mi sentite non sento non vi sento non sento più niente», segnerà poi il seguito del tempo che è arrivato stancamente fino a noi e ancora oggi più crudamente ci opprime.

E in Istruzioni preliminari, la poesia che lesse a cinquant’anni dal 68, solo in apertura riparte da quel grido: «Il nostro mondo sta scomparendo/i tramonti succedono ai tramonti/…. le vecchie certezze se ne vanno/in una realtà caotica ostile immensa». Perché in chiusura lancia, all’opposto, una indicazione, una istruzione appunto, preliminare: «contro l’abuso la convenzione lo svuotamento di senso/non più dominanti e dominati ma forza contro forza/…. l’attacco va minuziosamente preparato/secondo una prospettiva rivoluzionaria».
Ecco, dopo tutto ciò che da allora è stato, dopo le repliche della cronaca più che della storia, quella figura di intellettuale militante, che Nanni rappresentava, non ha marcato abiure semmai conferme, non pentimenti semmai approfondimenti. L’istanza sovversiva non è estinta, è maturata. La sua scomparsa, come quella di altri, pochi, come lui, consegna il testimone a quelli che verranno. Anche se la sua presenza, originalissima, non sarà ripetibile.

Questa compresenza e reciproca influenza tra avanguardie artistiche e avanguardie politiche è stato un frutto del grande Novecento. Ma Nanni lo ha espresso in modo tutto suo. Se c’è una parola, che poi è anche un’azione, che lo caratterizza, è sperimentalismo: sporgersi sul mai tentato, che vale la pena di fare proprio, di fare materia della propria passione di vivere. Non solo individualmente, ma coinvolgendo gli altri a sperimentare insieme in una funzione che, tra l’altro, gli riusciva benissimo, di grande organizzatore della cultura.
Concludeva quella intensa intervista a Gnoli del 2012: «Mi rendo conto di avere avuto la fortuna di vivere due per me meravigliose stagioni, quella della neoavanguardia letteraria degli anni ’60 e quella del movimento degli anni ’70, stagioni belle, giuste, entusiasmanti, che mi permettono di sopportare senza rassegnazione tutto lo squallore successivo».

Sergio Bologna, in un ricordo di Nanni qualche giorno fa, ha opportunamente accostato le figure di Nanni Balestrini e di Franco Fortini. Fortini è il profeta, o il censore, che parla alla moltitudine, richiamandola al retto cammino. Balestrini quasi non fa sentire la sua voce, tanto essa si confonde con la moltitudine, con parole non di ostentata saggezza ma di tacito sapere. Due approcci molto diversi nel rapporto tra cultura, scrittura e movimenti.
Ma il monito è lo stesso: tenere sempre vivo e, quando sembra morto, ravvivarlo questo rapporto: tra pensiero parola e lotta. Allora Nanni non avrà vissuto invano.

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