Pena di morte, cinesi il 67% delle condanne
Nessuno tocchi Caino Nessuno tocchi Caino ha inoltre conferito a Papa Francesco il premio di «Abolizionista dell’Anno 2015»
Nessuno tocchi Caino Nessuno tocchi Caino ha inoltre conferito a Papa Francesco il premio di «Abolizionista dell’Anno 2015»
Dal rapporto annuale dell’associazione, che ha registrato almeno 2.229 esecuzioni nei primi sei mesi del 2015, emerge che la Cina è il primo paese ad effettuare condanne a morte, con il 67% delle esecuzioni totali, seguita dall’Iran e dal Pakistan.
I paesi che registrano un’intensa attività del boia, sono scesi da 54 di dieci anni fa a 37 (31 dei quali sono considerati delle «dittature») e l’Asia sembra essere il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo, anche se molti paesi, per lo più autoritari, non forniscono statistiche ufficiali sul numero delle condanne eseguite.
Tra questi ci sono anche Paesi considerati «democratici», come Giappone, India e Taiwan, nei quali il sistema della pena capitale è per molti aspetti coperto da un velo di segretezza. Negli Usa, la segretezza sul processo di iniezione letale è divenuta una questione sempre più all’ordine del giorno dopo una serie di esecuzioni «malriuscite» nel 2014.
Nessuno tocchi Caino ha inoltre conferito a Papa Francesco il premio di «Abolizionista dell’Anno 2015». «È un riconoscimento bene accetto», ha detto Flaminia Giovanelli, sottosegretario generale del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, «anche se si sa che il Santo padre non accetta facilmente premi».
Come motivo della scelta, l’associazione ha comunicato che «Bergoglio, il cui pontificato è stato inaugurato dall’abolizione dell’ergastolo e dall’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento dello Stato del Vaticano, si è pronunciato in modo forte e chiaro non solo contro la pena di morte, ma anche contro la pena fino alla morte».
La notizia del conferimento del premio è stata accolta con entusiasmo anche da Mattarella, Orlando e Boldrini.
Il Presidente della Repubblica ha dichiarato che «la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo appartiene alla nostra civiltà giuridica».
Il Ministro della Giustizia e la Presidente della Camera hanno chiarito che «se non verrà meno l’impegno di governo e società civile la battaglia contro l’esecuzione capitale sarà vinta».
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