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Pedrini, destino «sospeso»

Pedrini, destino «sospeso»Omar Pedrini (foto Ansa)

Dischi L’ex chitarrista dei Timoria parla dell’ultimo album e della sua malattia. «Saggio è colui che vive ogni giorno come se fosse l’ultimo, ma impara come se non dovesse morire mai. Ho una visione spirituale delle cose»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 12 agosto 2023

Sei anni fa Omar Pedrini pubblicava un album intitolato Come se non ci fosse un domani. Una frase che molti ormai pronunciano per gioco, ma che il rocker bresciano ha dovuto suo malgrado accettare come regola di vita. Affetto dal 2004 da un problema cardiocircolatorio che lo costringe a periodici interventi chirurgici che gli vengono annunciati con delle percentuali di sopravvivenza, ha subìto negli ultimi tre anni lunghi ricoveri seguiti da estenuanti riabilitazioni, rese ancora più dure dall’isolamento imposto dal Covid. In questi anni ha davvero vissuto «come se non ci fosse un domani»: non certo votandosi alla dissoluzione, ma creando, amando e investendo nelle passioni e nei veri valori della vita.

Omar nel 2021, a 53 anni, è diventato padre per la terza volta, continua a fare musica, vive di arte, di attivismo e anche di agricoltura, presso la sua piccola tenuta nella bassa senese dove produce olio e vino. Ha un contatto costante con un pubblico con cui ha un rapporto ormai confidenziale. Sospeso è il suo nuovo album, un disco personale e universale, inciso nel suo «buen retiro» toscano. Scatti di una vita forzatamente «sospesa» e in equilibrio precario tra creatività, vita privata, impegno, spiritualità e un cuore che, come canta lui, vive «per miracolo». «La mia salute è un ottovolante – racconta Omar ormai abituato a confrontarsi anche pubblicamente su questo problema privato -. È iniziato tutto 18 anni fa. Ai tempi però vivevo una vita folle e mi sembrò che il destino mi avesse presentato il conto. Ero passato alla cassa a pagare per le mie cazzate e non mi sono lamentato.

Quando però il problema si è ripresentato ho capito di avere una malattia congenita che mi avrebbe costretto periodicamente, come mi avevano detto i medici, a progressivi interventi per sistemare l’apparato circolatorio. Mi stavo abituando a una routine fatta di prelievi mensili, ecocardiografie e tac annuali. Nel 2021 mi trovano però un nuovo problema e mi comunicano che c’è bisogno di una ulteriore operazione urgente. Purtroppo era il periodo della pandemia e i reparti erano tutti bloccati dal Covid. Mi sono trovato in attesa, per un anno, parcheggiato come molti malati. Mi sono confrontato con i pazienti oncologici e ho pensato di essere tra i fortunati. Io dovevo solo resistere. A loro, mentre aspettavano, la malattia andava avanti. Mi operano nel 2022, ma l’intervento non riesce. Rischio di morire dissanguato. Ritorno in ospedale. Mi rioperano altre quattro volte. Tre interventi cardiovascolari e uno estetico per sistemare le varie ferite. In questi due anni mi è sembrato di non uscirne più. Ma non ho mai avuto paura. Sono sempre stato un temerario, anche se non è sempre un bene. Ho ripensato però a molte cose e anche riscoperto la spiritualità».

In questo periodo tormentato è nato Sospeso realizzato solo con l’accompagnamento della sua band guidata dal collaboratore storico Carlo Poddighe. La piccola tenuta che acquistò suo padre è stata la location dove sono nate canzoni che prendono spunto dalla sua lotta umana, ma guardano più in là parlando al popolo dei giovani impegnati nella lotta globale ambientalista. Spiega Pedrini: «Un saggio è colui che vive ogni giorno come se fosse l’ultimo, ma impara come se non dovesse morire mai. Chi scampa a certi pericoli non si crede immortale, ma capisce che siamo connessi, ogni generazione è legata alla successiva e bisogna fare qualcosa che resti. Mi sento vicino a movimenti come Ultima Generazione o Fridays for Future a cui sono dedicate le canzoni dell’album La giusta guerra e Col fiato sospeso. Non è qualcosa che ho scoperto oggi. Il mio ecologismo ha radici lontane. È un tema su cui mi impegno dagli anni Novanta. Con i Timoria pubblicai nel ’94 l’album 2020 Speedball. Ero padre da poco del mio primo figlio, Pablo, avevo 26 anni e mi chiedevo come sarebbe stato il mondo quando avrebbe avuto la mia età». Un album che si è rivelato incredibilmente profetico, descrivendo con sconcertante precisione il clima che il mondo ha vissuto con l’epidemia di Covid, basta rileggere il verso iniziale della title-track che sembrava presagire un mondo in pericolo, rinchiuso in lockdown: «Voglio restare qui/chiuso nella mia stanza/dita abili per accarezzare i tasti (…) gode così la mia generazione». Oggi sono passati 30 anni e il tempo è scaduto e Pedrini canta nella pinkfloydiana La giusta guerra: «Combatti per la terra è l’unica giusta guerra». «Sono sempre stato un anarchico-pacifista – prosegue -. I giovani che oggi lottano per l’ambiente vanno ascoltati. Il rischio è che una protesta giusta e pacifica, anche se con mezzi a volte discutibili, diventi violenta, che questi gruppi vengano infiltrati, usati per poi essere marginalizzati. C’è già stato Genova, il G8. Ce lo siamo dimenticati? Mi ricordo anche negli anni Ottanta gli studenti con le molotov. Vogliamo forse tornare a quei tempi? Non siamo di fronte a una battaglia politica, ma a una causa che deve unire tutta l’umanità. E noi oggi mettiamo questi movimenti sotto processo invece di ascoltarli!».

Il rispetto per l’ambiente è sempre stato per Omar, amante delle filosofie orientali, un’espressione di spiritualità. Racconta: «In questi anni difficili la spiritualità mi è venuta incontro, mi ha aiutato. Non ho mai seguito un dogma, una religione, ma ho sempre avuto una visione spirituale delle cose. In passato ho vissuto in un ashram hindu, Viaggio senza vento dei Timoria era molto influenzato da questa visone. Nell’album Sospeso c’è un brano, Dolce Maria: è un’Ave Maria, per certi versi il pezzo più trasgressivo della mia carriera. È una preghiera rock sconcertata sulla direzione di un mondo in cui le differenze sociali si stanno ampliando, in cui tutto è veloce e tutto superficiale. Una preghiera laica di un uomo che non nasconde il dubbio. Ma Maria è una figura storica, una donna coraggiosa che, anche senza devozione, ispira dolcezza e mi ricorda inevitabilmente mia madre. Suo figlio, che oggi vedo sempre di più come un ragazzo, era un vero ribelle, un hippie, il primo socialista». «La versione che si ascolta sull’album – rivela il rocker – è elettrica, ma c’è anche una versione acustica che vorrei donare a papa Francesco, un papa che ha riportato la chiesa e la fede nella dimensione più autentica. San Francesco, inoltre, il cui frantoio in pietra è vicino alla mia tenuta toscana, incarna perfettamente questo rispetto per l’uomo e per l’ambiente che lo circonda».

Tra spiritualità e impegno sociale, le canzoni di Sospeso sono nate un po’ come dei bucolici «basement tapes»: «Abbiamo raccolto anche le olive mentre registravamo. Il pezzo Ombre etrusche fa riferimento alla storia di quei luoghi». C’è anche un ritorno alla Milano anni Ottanta con il brano new wave Plastic Killer e ai Timoria con la rivisitazione di Fresco che uscì nell’ultimo album della band, la colonna sonora del film Un Aldo qualunque. «Ai tempi – racconta Pedrini -, fu scritta per la fine di una storia d’amore. Ma i versi mi sono tornati in mente nel corso della mia convalescenza. È una sorta di lettera a un amico…». La ballata, qui scandita da un maestoso organo Hammond recita: «Se ne esco giuro che mi rivedrai. Come ero io, prima di lei». Omar Pedrini sa che la sfida con la sua condizione clinica lo accompagnerà per sempre. Controlli, monitoraggi e quelli che definisce «pit-stop» chirurgici. Nel suo destino «sospeso» forse c’è sempre meno musica e sempre più campagna, alla ricerca delle cose buone della terra come gli insegnò uno dei suoi maestri, l’enologo anarchico Luigi Veronelli. Ma intanto c’è ancora il piacere di raccontare con le canzoni la sua vita precaria e di contemplare con la musica l’orizzonte più ampio possibile. E conquistare la speranza: una nota alla volta, un battito del cuore alla volta.

LA BIOGRAFIA
Omar Pedrini è nato e cresciuto a Brescia, ma vive ormai da tempo tra Milano e la sua tenuta agricola in Toscana. È stato dal 1985 al 2002 il leader dei Timoria, una delle più importanti rock band italiane, con cui ha inciso dieci album (tre dei quali hanno ricevuto il disco d’oro) e una raccolta live. La band è tornata in classifica con l’edizione dei 25 anni del loro lavoro più amato, Viaggio senza vento, uscito nel ’93. Sospeso (Virgin Music LAS/Universal) è il suo settimo disco solista. Ha lavorato in televisione per Rai, SkyArte e Gambero Rosso Tv. Ha organizzato festival di arte, poesia e musica. Ha collaborato, tra gli altri, con Alejandro Jodorowsky, Lawrence Ferlinghetti, Mauro Corona e Noel Gallagher. Nel 2017 ha pubblicato la biografia Cane sciolto (Edizioni Chinaski con Federico Scarioni) e nel 2018 Angelo ribelle (La Nave di Teseo).

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