Pedofilia, condanna definitiva per don Inzoli, figura storica di Cl
Sono trascorsi più di vent’anni dalle «molestie di ordine sessuale nei confronti di una pluralità indiscriminata di soggetti all’epoca minorenni», come scrive il giudice Letizia Platè, nella sentenza del Tribunale […]
Sono trascorsi più di vent’anni dalle «molestie di ordine sessuale nei confronti di una pluralità indiscriminata di soggetti all’epoca minorenni», come scrive il giudice Letizia Platè, nella sentenza del Tribunale […]
Sono trascorsi più di vent’anni dalle «molestie di ordine sessuale nei confronti di una pluralità indiscriminata di soggetti all’epoca minorenni», come scrive il giudice Letizia Platè, nella sentenza del Tribunale di Cremona. E già a cavallo fra 1999 e 2000 i genitori di un ragazzo si erano rivolti al vescovo di Crema Angelo Paravisi, nominato da papa Wojtila, raccontando gli abusi commessi perfino durante il sacramento della confessione.
Mauro Inzoli, 68 anni, figura di spicco della fraternità di Comunione e Liberazione, è stato definitivamente condannato in Cassazione alla pena di 4 anni 7 mesi e 10 giorni. E papa Francesco lo aveva già ridotto allo stato laicale la scorsa estate, raccogliendo l’appello della madre di un giovane traumatizzato al punto di suicidarsi.
«Giustizia è fatta! Non sta a me commentare l’entità della sentenza, ma posso dire che da parte di tanti cittadini è stata avvertita come una pena mite rispetto alla gravità dei fatti compiuti» commenta Franco Bordo, che come deputato di Sel aveva firmato il 30 giugno 2014 l’esposto che ha poi innescato l’inchiesta della magistratura.
«Sono stati anni intensi, emotivamente impegnativi, per la crudezza e l’orrore di ciò che è venuto alla luce, per la condivisione del dolore delle vittime. Ma anche per la consapevolezza che ho acquisito in merito al livello di omertà e protezione di cui ha potuto godere per lungo tempo il soggetto condannato. Spero tanto che tutti abbiano almeno capito quanto sia sbagliato e irresponsabile “girare la testa dall’altra parte”, far finta di non vedere, coprire sempre e comunque il potente di turno».
Inzoli è sinonimo del “sistema CL” non solo a Crema.
Sacerdote carismatico nel solco di don Giussani, parroco della Santissima Trinità e rettore del liceo linguistico Shakespeare, animatore della onlus “Fraternità”.
Ma come ricorda il collettivo Wu Ming: «Già presidente del Banco Alimentare e vicepresidente della Compagnia delle Opere, più volte mattatore al Meeting di Rimini nonché – si è scritto da più parti – confessore di Roberto Formigoni».
Insomma, uno dei simboli dell’intreccio fra la scuola di comunità ciellina, le opere della sussidiarietà e il “celeste buongoverno” del centrodestra.
Ma anche pedofilo, capace di piegare la Bibbia per giustificare il “battesimo dei testicoli” o il 21 settembre 2008 di abusare di un ragazzo di 15 anni nell’albergo di Falcade che ospitava il campo estivo.
Sono otto i casi di violenza sessuale ai danni di minori, consumati fra il 2004 e il 2008, acclarati nelle sentenze della magistratura. Vittime di età compresa fra i 12 e i 16 anni.
Inzoli (difeso dagli avvocati Nerio Diodà e Corrado Limentani) aveva scelto il rito abbreviato e risarcito in primo grado 25 mila euro a ciascuno dei cinque minori che erano parti civili.
Per tutti gli altri episodi emersi durante l’inchiesta la magistratura (con la Santa Sede che secretava i suoi atti) non poteva procedere.
E in Cassazione la pena definitiva per “don Mercedes” è stata ridotta rispetto agli originali 4 anni e 9 mesi grazie alla prescrizione di due episodi.
Ma resta imbarazzante e vergognosa, dentro e fuori CL, la condanna per il reato infamante di abusi sessuali su minori con l’aggravante dell’abuso di autorità.
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