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Pdl, la solitudine delle sentinelle

Pdl, la solitudine delle sentinelleAlfano e i ministri Pdl – Eidon

Centrodestra Alfano e le colombe esultano: «Niente nuove tasse nella manovra». Ma i duri la bocciano

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 17 ottobre 2013

C’è chi si frega le mani e rivendica contento il confermato ruolo di «sentinella antitasse» e si vanta di «non aver messo le mani nelle tasche degli italiani», non si sa se brillando più per originalità o umorismo macabro. È Angelino Alfano e con lui suona il medesimo spartito l’intero colombaio, da Brunetta a Cicchitto. C’è chi mitraglia giudizi che più opposti non si può: «Di questa stabilità si può anche morire. In questa manovra c’è un consistente aumento delle tasse mascherato». È Sandro Bondi, l’estremissimo, ma con lui tutti i rapaci sconfitti sul voto di fiducia che non ci hanno messo molto a leccarsi le ferite.
Le due anime accampate nelle macerie del Pdl stanno di nuovo affilando le armi. La legge di stabilità potrebbe essere il terreno adatto per scatenare la nuova battaglia. Rispetto al giorno della fiducia, con don Angelino sugli scudi, le cose non potrebbero però essere cambiate maggiormente. Ora a puntare i piedi per evitare la scissione ci sono proprio quelli che minacciavano gruppi parlamentari autonomi e un partito nuovo. Ma i sondaggi non confortano l’impennata d’orgoglio. Secondo le stime più rosee, in eventuali elezioni, si piazzerebbero intorno al 3%, ma potrebbe andargli peggio.
Non importa come lo si chiama: il partitone del centrodestra è Berlusconi, e con Berlusconi, i falchi starebbero invece assai più comodamente (ma non abbastanza per gli obiettivi del gran capo) intorno al 24%. Ecco perché, oggi, gli ex scissionisti tutto vogliono tranne che una scissione, provocata da uno scontro magari sul terreno scivoloso dell’economia.
I duri, potessero fare a modo loro, li avrebbero già messi alla porta senza ricorrere alle buone maniere. Ma l’onnipotente non vuole e li frena. Se vogliono, se ne vadano da soli, ma lui a cacciarli smembrando l’adorata creatura non ci sta. Così, anche se circolano voci di separazione imminente, magari già lunedì prossimo, si profila invece l’ennesimo stallo.
Sulla carta, con Berlusconi contrario alla cacciata dei reprobi, i medesimi dovrebbero sentirsi in una botte di ferro. Non è così, perché resta in sospeso quel problemino che si chiama decadenza, anzi «mancata convalida dell’elezione» del senatore Berlusconi Silvio, e il diretto interessato è tornato a ruggire e inveire e preparare il botto. Non è mica un caso se il centrosinistra, dopo aver premuto sull’acceleratore, adesso rallenta e rinvia il fatidico voto dell’aula. Più tardi è, meno si rischia che lo tsunami travolga anche la legge di stabilità.
In attesa di quel voto, le colombe schierano tutte le armi a loro disposizione. Brunetta sale al Colle e ne discende giubilante: «Ci sono i margini per un atto di clemenza». Già sentita. Due o trecento volte, e sempre inutilmente. Alfano invece si porta il ministro Mauro direttamente a pranzo con il «perseguitato» d’Arcore. E Mauro, a nome del Ppe ma forte anche di idilliaci rapporti con il Quirinale, largheggia in offerte, promesse e proposte. Tutti insieme alle elezioni europee, che tanto tutti nel Ppe siamo. Campo sgombrato dalle ipotesi di cacciata dalla famigliona europea del parente italiano pregiudicato e turpe.
Il parente in questione ascolta, non respinge, apprezza. Poi arriva al sodo: e la mia decadenza, i miei processi, le mie condanne? Solo questo gli interessa, ma su questo il ministro della Difesa non può offrire garanzie, come non può farlo Angelino l’ex delfino, nonostante le amicizie che vanta ormai nel centrosinistra.
Così, a due settimane dalla battaglia del voto di sfiducia, i pezzi si sono disposti sulla scacchiera esattamente come stavano alla vigilia di quella giornata che in molti, senza alcun senso del ridicolo, avevano definito «storica». E per molti la grande speranza è la sentenza della Corte d’appello di Milano, sabato 19. A quel punto si potrà dire che i boia portano la toga. Mica siedono in senato.

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