Pd, renziani contro Martina. Calenda: «La segreteria? Un harakiri»
Democrack L’ex ministro invoca Gentiloni. E i militanti per la rivolta social: «Una mail a Maurizio»
Democrack L’ex ministro invoca Gentiloni. E i militanti per la rivolta social: «Una mail a Maurizio»
Nel giorno del primo vero autogol del 5 stelle sul decreto dignità, mentre il vicepremier Di Maio denuncia nientemeno che complotti e manine che «modificano» la relazione tecnica, e l’opposizione potrebbe utilmente mettere il carico da novanta sulla figuraccia stella, il Pd litiga sulla nuova segreteria. Venerdì il segretario Maurizio Martina aveva annunciato la nuova segreteria. Dentro tutti: renziani di stretta osservanza ( Dal Moro, Nannicini, Spicola), renziani in allontanamento (Bellanova, Ricci), orlandiani (Martella, Quartapelle), franceschiniani (Marina Sereni, di rito fassiniano), Giovani turchi (Gribaudo), emiliani nel senso della corrente del presidente della Puglia (Boccia). E ancora Gianni Cuperlo per la propria minoranza; Pietro Barbieri, portavoce del forum Terzo settore; Marianna Madia per il settore anime inquiete di area Zingaretti. E infine Matteo Mauri, fidato di Martina, coordinatore della segreteria. La notizia non faceva tremare i polsi. Ma almeno sembrava raggiunto un equilibrio interno.
Invece no. Ieri e Emiliano si è smarcato sconfessando Boccia: «Caro Maurizio, abbiamo preso atto della tua volontà di avere FronteDem nella segreteria ma non possiamo accettare la tua proposta senza garanzia di un profondo cambiamento di linea politica rispetto al disastroso passato. Conta sempre sulla nostra lealtà». Boccia, colto di sorpresa dallo stop del governatore, fa sapere che dunque non accetterà l’incarico. Martina ne prende atto: «Ora però guardiamo avanti tutti insieme». A imbufalirsi invece è Teresa Bellanova, pasionaria ex viceministro, già dalemiana poi renzianissima, ora in fase di raffreddamento: «Non facciamo il gioco di chi ora polemizza pur avendo trattato per esserci. Non siamo Emiliano. Noi non terremotiamo il Pd ma lavoriamo per rafforzarlo».
Il fatto è che secondo i patti Bellanova doveva essere vice di Martina. Per questo la rivolta corre sulle chat. Stavolta a mettere in dubbio le scelte della segreteria, un tempo occupazione per «gufi e rosiconi», bersaglio preferito di Renzi, sono proprio loro. «Praticamente non c’è nessun renziano in segreteria», c’è chi scrive. La polemica ha del paradossale perché invece dall’area Orlando non manca chi fa l’elenco dei componenti della segreteria che sono stati, fino all’ultima curva, vicini o vicinissimi all’ex segretario: la maggioranza. Niente da fare, per l’area renziana la segreteria non garantisce abbastanza la (ex?) maggioranza: «L’unico accordo rispettato è stato quello su Dal Moro, ma noi avevamo chiesto che entrassero in segreteria anche Malpezzi e Del Barba», « Basta, che ci facciamo ancora qui?». «Questa segreteria nella migliore delle ipotesi arriva fino a fine anno quando ci sarà il congresso. Nella peggiore accelera la nascita di qualcosa di nuovo».
A dare voce al malumore è il capogruppo al senato Andrea Marcucci: «C’è chi nel Pd pensa di poter risolvere tutto, tornando indietro. Mi sembra, con tutto il rispetto, la regola che si è usata per fare anche la nuova segreteria. È una regola che io non condivido». Ma a scatenarsi è soprattutto Carlo Calenda. Dall’inseparabile profilo twitter ormai conduce una battaglia senza quartiere, su posizioni tardo renziane ma senza delega dell’interessato. «Punta a convincere Matteo a investirlo della candidatura a congresso», c’è chi spiega.
Renzi infatti lascia i suoi accapigliarsi e se la piglia con i 5 stelle per la gaffe sul decreto dignità e per lo stop al Ceta, il trattato commerciale con il Canada. «E qualcuno vorrebbe allearsi?», conclude. Calenda fa l’uno e l’altro. Attacca Di Maio ma anche sul Pd è un fiume in piena. Se la prende con Martina: «Non è una segreteria è un harakiri», «Oramai siamo alla farsa. Prima vanno dietro a Emiliano e nominano Boccia e poi si fanno dire di no da Emiliano. Che però promette eterna lealtà. L’unica cosa seria da fare è azzerare la segreteria e chiamare un congresso subito». Poi si appella all’ex premier Gentiloni perché si metta a capo della rivolta. «L’unica cosa utile da fare in questo momento è che chiunque abbia votato Pd e ritenga questa segreteria non adeguata per affrontare l’opposizione e la rifondazione del centro sinistra prenda e lo scriva a Martina. Mail, Facebook, Twitter. Qualsiasi cosa. Farsi sentire».
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento