Politica

Pd, la ’ditta’ se le suona

Pd, la ’ditta’ se le suonaStefano Fassina e Gianni Cuperlo – Foto La Presse

Democrack Tutti contro tutti: Fassina chiede un passo indietro di Bersani e D’Alema. Cuperlo al premier: ora basta chiamarci poltronisti

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 24 marzo 2015

È bastata una riunione ’unitaria’, si fa per dire, per far esplodere le minoranze Pd. E un week end di fitte dichiarazioni, interviste e post in rete al vetriolo ha aggiunto il carico all’innesco già potente dell’assemblea di sabato. Il risultato: la sinistra dem è tutta una catena di botti. Pirotecnia purissima. Che non accenna a fermarsi.

Ci sono ex amici che se le suonano, come il presidente Matteo Orfini, ex dalemiano che attacca D’Alema (non da oggi, per la verità) e il bersaniano Miguel Gotor, che lo difende: «Usare D’Alema per finire sui giornali e coprire impotenze, errori politici e opportunismi nostri di oggi è meschino». Altro fronte: Gianni Cuperlo reagisce male all’ennesima accusa di poltronismo, stavolta lanciata dal renziano Matteo Richetti dalle colonne di Repubblica. «Un insulto irricevibile. Adesso basta. Chiedo a Renzi e Guerini di prendere parola. Siete d’accordo con lui?». La domanda cade nel vuoto, il che già è già una risposta.

Ma l’accusa di poltronismo non viene solo dai renziani. Sul Corriere della sera Rosy Bindi, annunciando la presenza in piazza con la Fiom – che già di per sé fa è un dito nell’occhio dell’ex segretario Epifani, regista dei moderati della corrente riformista – si chiede: «Ci si può candidare a un’alternativa a Renzi avendo ministri e sottosegretari al governo e membri nella segreteria del partito? Non credo».
Bindi sa dove colpire. L’ala moderata dei bersaniani ormai è un porto sicuro per il governo, basti ricordare il ruolo di Epifani e di Cesare Damiano per far ’digerire’ il jobs act ai deputati. E poi c’è il’caso’ Roberto Speranza: Renzi lo ha mantenuto al posto di capogruppo alla camera, nonostante il ruolo di spicco nell’area riformista: sabato è stato quello che più di tutti ha spinto sul tasto sulla disciplina e sull’unità del Pd. Gli sconfitti al congresso hanno poi una solida pattuglia a fianco di Renzi, al governo e nel partito. Al netto dell’ex civatiano Taddei e dell’ex civatiana ma anche ex ministra Lanzetta, sconfessati entrambi da Civati, il ministro Martina è un bersanianissimo, e ben cinque sottosegretari provengono da ogni sfumatura della minoranza (Amici, Bubbico, Di Micheli, Del Basso De Caro e Bellanova); in segreteria invece c’è la bersaniana Campana, il cuperliano De Maria e il dalemiano Amendola (evidentemente ormai in disaccordo con D’Alema). Anzi, a discutere di queste cariche con Renzi, all’arrivo del suo governo, fu direttamente Gianni Cuperlo. Ieri da Nico Stumpo, coordinatore dell’area riformista, è arrivata una rispostaccia a Bindi: «Non sono in discussione né l’appoggio né la presenza né la fiducia al governo e tantomeno la presenza in segreteria in quanto l’assunzione di responsabilità politiche non ha comportato né comporterà, per quanto ci riguarda, l’ingresso nella maggioranza del Pd».

Ultima baruffa, quella fra il deputato Stefano Fassina, uno degli organizzatori dell’iniziativa di sabato, e il bersanianissimo senatore Miguel Gotor. Fassina chiede che Bersani e D’Alema, autore dell’intervento che ha fatto arrabbiare molti e infuriare Cuperlo, facciano un passo indietro («Devono comprendere che abbiamo bisogno di discontinuità di cultura politica, di agenda e di classe dirigente», spiega Fassina a Repubblica) e sul lavoro dichiara «sintonia con Papa Francesco». Gotor twitta: «Vedo che Fassina chiede a Bersani un passo indietro e lancia papa Francesco. Ok, ma è un filino impegnato. Una via di mezzo, no?».

Renzi si gode lo spettacolo, ormai non ha più bisogno di replicare alle accuse che gli rivolge la sinistra. Chi parla di «deriva autoritaria» sono «professori un po’ stanchi» che rivolgono questa accusa «alla loro pigrizia», dice davanti agli studenti della Luiss di Romatradisce la fiducia «chi passa il tempo a vivacchiare piuttosto che a prendere decisioni chiave».

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