«C’è ancora uno spazio possibile per trovare un’intesa? Sì, c’è». Area riformista, la corrente dei bersaniani tiepidi, nel documento con cui chiede a Renzi di modificare la legge elettorale si fa una domanda e si dà una risposta. Ma non è la risposta del governo. «L’Italicum non ha bisogno di modifiche», chiude ancora una volta la ministra Maria Elena Boschi, nel giorno in cui la legge elettorale comincia il suo percorso in prima commissione alla camera. E comincia con la nomina di un secondo relatore in quota Pd che affiancherà il forzista (tendenza Fitto) Francesco Paolo Sisto. È Gennaro Migliore, ex capogruppo di Sel e in quella veste assai critico con l’Italicum («Forza Italicum») quando contemplava soglie alte di sbarramento e liste bloccate. Nel passaggio al senato le soglie sono state abbassate (e unificate al 3%) ma le liste restano bloccate tranne che per il partito vincitore: passa solo il capolista. È il punto che le opposizioni e le minoranze del Pd chiedono di cambiare. Inutilmente, visto che Renzi – malgrado abbia previsto (nel Def) l’approvazione definitiva della riforma a luglio – vuole evitare un secondo passaggio della legge al senato. «Ogni modifica porterebbe a un allungamento dei tempi e comprometterebbe il risultato», dice Migliore.
Difficile che i sottoscrittori dell’appello di Area riformista si aspettassero di più. La loro raccolta di firme è piuttosto un elenco dei «dialoganti», la minoranza disponibile a ridurre a una sola la richiesta di modifica all’Italicum – «abbassare il numero di nominati tra i partiti che non prendono il premio di maggioranza» – ma a farlo annunciando da subito che non voterà contro: «Non dividiamo il Pd». Senza le firme del capogruppo Speranze e di Bersani (ragioni di opportunità), l’elenco comprendeva comunque ieri sera un’ottantina di deputati. Esclusi sia i bersaniani che si sono già esposti, come D’Attorre e Fassina, sia Civati, sia i «cuperliani» ai quali nessuno ha chiesto di firmare. Del resto le minoranze del Pd hanno già dato prova di essere a loro volta frazionate. E l’area che fa capo a Speranza, la più numerosa, si muove già come diversamente renziana. «Faremo la nostra battaglia, ma non credo si possa poi votare contro l’Italicum», anticipa il presidente della commissione lavoro Damiano.

Visti i numeri della camera, per rovesciare una maggioranza che oggi sulla carta può raggiungere i 400 voti, dovrebbero invece essere almeno novanta i deputati «dissidenti» pronti a votare contro l’Italicum (astenersi non basterebbe).
La prossima settimana ci sarà la riunione del gruppo Pd che deciderà a maggioranza di non toccare neanche una virgola della legge. Poi «se qualche singolo non se la sentirà ce lo farà sapere», dice il vicecapogruppo Rosato alludendo alla possibilità di sostituire i rappresentanti del partito in commissione, visto che 12 su 23 si sono espressi contro questo Italicum. Un’eventualità che Maria Elena Boschi non esclude – «la questione è prematura», dice – neanche per ragioni di opportunità «ministeriale». Ma che difficilmente si porrà, perché la minoranza Pd ha deciso di rinviare e concentrare in aula ogni possibile battaglia, «tanto è lì che si decide visto che la maggioranza potrebbe sempre rovesciare le decisioni della commissione», spiega Alfredo D’Attorre. Il deputato presenterà emendamenti per alzare a 2/3 la soglia degli eletti con le preferenze, in pratica prevedendo un listino con candidati bloccati per ogni partito. Come il Mattarellum, ma senza il collegio uninominale, anche se non è escluso che la minoranza possa recuperare in pieno la bandiera della legge del ’93. In ogni caso non si tratta di proposte di modifica di poco conto rispetto all’impianto della legge messo a punto da Renzi, Berlusconi e Verdini nei loro quattro incontri consecutivi. Un altro esponente della minoranza bersaniana, Andrea Giorgis, presenterà un emendamento per condizionare l’assegnazione del premio di maggioranza al raggiungimento di un certo quorum di elettori al ballottaggio. Ma la linea renziana è «nessun emendamento». O, come dice la ministra, «c’è spazio per ulteriori riflessioni ma per nessuna modifica», il che significa che per salvare le forme potrà arrivare qualche generica promessa sulla riforma costituzionale. Ma sull’Italicum programma confermato: deve arrivare in aula il 27 aprile. Tappe forzate e solo due sedute per le audizioni, la prossima settimana. Ogni gruppo indicherà i nomi di due costituzionalisti. Alla minoranza Pd dovrebbero concederne uno.