O Berlusconi non conosce il noto adagio secondo cui una notizia smentita è data due volte oppure lo conosce sin troppo bene e quando ordina di negare la ricostruzione, uscita ieri su “Repubblica”, di un suo presunto sfogo telefonico contro Angelino Alfano vuol solo rincarare la dose. Quali che siano le sue intenzioni, è difficile credere che nei confronti dell’ancora ministro degli Interni il capo non nutra qualche sentimento asprigno. La bufera non è passata e non passerà. Sulla pelle della cosiddetta maggioranza ha lasciato tante cicatrici che nemmeno sulla creatura del dottor Frankenstein. Alla fine persino Emma Bonino, la bella addormentata, apre mezzo occhio, si accorge che «sulla vicenda ci sono ancora punti oscuri da chiarire», a mezza bocca ammette persino che l’ambasciatore kazako dovrebbe proprio essere sostituito. Nell’interesse del Kazakistan, per carità, dal momento che qui «nessuno più lo incontrerebbe». Angelino, di conseguenza, resta un ministro che dire traballante è poco. Ma in fin dei conti, il merito della turpe vicenda è ancora il meno. Il peggio è lo strascico che lascia in un momento che è teso oggi e rischia di esserlo molto di più tra dieci giorni. Il nodo di domani potrebbe chiamarsi sentenza definitiva a carico di Silvio Berlusconi, con tanto di decadenza da parlamentare. Quello di oggi si chiama fisco. Lo scontro su Imu e Iva, nonostante i messaggi rassicuranti spesi ogni giorno a piene mani, è ancora in corso. Alla vigilia della cabina di regia che ieri ha inutilmente affrontato il problema, bastava ascoltare i toni opposti di Brunetta e del viceministro Fassina per sincerarsi di quanto la soluzione del dilemma sia lontana. Per il primo l’abolizione totale dell’Imu sulla prima casa era cosa già fatta, tanto che il vertice avrebbe dovuto occuparsi solo di come evitare l’aumento dell’Iva. Fassina era di parere opposto: «Cancellare completamente l’Imu frenerebbe la ripresa». Nella eterna “querelle” si inserisce il ministro degli Affari regionali Delrio, che a sorpresa dà ragione al guru pentastellato Casaleggio, quando vaticina possibili esplosioni di rabbia popolare, non in un futuro incerto ma nel prossimo autunno, e sempre a sorpresa si smarca dal braccio di ferro sul fisco: «Imu e Iva non muoveranno dello zero virgola il Pil del Paese». I problemi sono altri, primi fra tutti il saldo dei debiti della Pa con le imprese e lo sblocco del patto di stabilità almeno per le opere strategiche. La defiscalizzazione viene dopo, e di conseguenza. Per quanto riguarda il primo capitolo, il ministro Saccomanni assicura di aver già «attivato il pagamento di 15,7 miliardi» sui 40 promessi e si augura di poter anticipare l’intero saldo al 2013. Però quando questi soldi arriveranno nelle casse delle aziende moribonde non si può dire. Quanto allo sblocco del patto di stabilità, a tutt’oggi non ce n’è traccia. Delrio, insomma, ha ragioni da vendere. Destinate però a restare pura teoria. In compenso la disfida su Imu e Iva, per quanto ininfluente nella sostanza, continua a tenere banco in virtù del suo peso politico. Come sempre, l’unica è rinviare. Anche il vertice di ieri si concluso con fumata nera. Anzi, come preferisce dire la vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta: «È stato interlocutorio». L’elenco dei fattori parla da sé. Nulla o quasi di fatto sulle priorità giustamente segnalate dal ministro Delrio, stallo e rinvio continuo sui nodi di Imu e Iva (con tutto quel che ciò comporta in termini di caos nei bilanci dei comuni, che senza l’Imu sono destinati a finire per aria), tensione politica portata alle stelle dal disastro firmato Alfano, sentenza definitiva Mediaset dietro l’angolo. Più varie ed eventuali, come la rissa in corso sulla legge antiomofobia. La somma di tutti questi elementi è altrettanto chiara e indica dove si trovi il governo Letta meglio di ogni dichiarazione altisonante: in un vicolo cieco.