Europa

Paura dei profughi, l’Ue punta su Pakistan e Iran

Paura dei profughi, l’Ue punta su Pakistan e Iran

Oggi vertice dei ministri degli Esteri Ora che anche Kabul è caduta gli occhi dell’Europa sono fissi su Pakistan e Iran. E’ su questi due Paesi confinanti con l’Afghanistan, infatti, che l’Unione europea conta per arginare […]

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 17 agosto 2021

Ora che anche Kabul è caduta gli occhi dell’Europa sono fissi su Pakistan e Iran. E’ su questi due Paesi confinanti con l’Afghanistan, infatti, che l’Unione europea conta per arginare un nuovo flusso di profughi che, in fuga dai talebani, punterebbe diretto verso l’Europa alla ricerca di salvezza. Uno scenario che spaventa i leader europei da quando è stato chiaro a tutti che l’avanzata degli studenti coranici non si sarebbe fermata. E allora è a Teheran e a Islamabad che l’Ue chiederà di trasformarsi nell’ennesimo muro destinato a impedire che si ripetano le scene viste del 2015, quando un milione di profughi siriani riuscì a raggiungere il cuore dell’Europa. E i modi per evitare che questo accada sono due: Pakistan e Iran devono essere aiutati perché accolgano e trattengano i profughi afghani. Ma si vorrebbe anche, come ha proposto ieri l’Austria, che permettessero l’apertura all’interno dei propri confini di «centri di espulsione» dove rimpatriare gli afghani che si trovano illegalmente in Europa e che il precipitare della situazione impedisce ora di riportare direttamente nel Paese asiatico.

Insomma: la stagione delle «porte aperte» vista sei anni fa si è chiusa e «per noi è chiaro che il 2015 non deve ripetersi», ha sottolineato ieri in Germania il segretario generale della Cdu, Paul Ziemaiak, mentre la stessa cancelliera Merkel ha chiesto di «fare di tutto» per aiutare i Paesi confinanti con l’Afghanistan «a sostenere i rifugiati».

In attesa che qualche decisione venga presa, da Nord a Sud è tutto un susseguirsi di vertici internazionali o incontri bilaterali per capire come far fronte alla crisi afghana. Oggi i ministri degli Esteri dei 27 si riuniranno in videoconferenza convocati da Josep Borrell: «L’Afghanistan è a un bivio. Sono in gioco la sicurezza e il benessere dei suoi cittadini, così come la sicurezza internazionale», ha spiegato l’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione. Per domani, invece, è previsto il vertice dei ministri dell’Interno. Inizialmente era stato convocato per discutere delle tensione esistenti al confine tra Lituania e Bielorussia, che però passano adesso in secondo piano di fonte alla caduta di Kabul. «L’asilo deve essere concesso a chi è in pericolo di persecuzione», ha chiesto ieri David Sassoli.

Ma quella del presidente del parlamento europeo rischia di rimanere una voce isolata. Dall’Ungheria all’Austria, i Paesi fautori della linea dura contro profughi e migranti si sono già fatti sentire. Il ministro degli Esteri ungherese, solo per fare un esempio, ha infatti comunicato che Budapest non approva l’idea di un’accoglienza indiscriminata di chiunque desideri lasciare l’Afghanistan.

Gli Stati, però, si muovono anche indipendentemente, soprattutto se si trovano lungo le rotte battute dai migranti. Così il premier della Croazia Andrej Plenkovic ha incontrato quello della Slovenia Janez Jansa, che fino a dicembre è anche presidente di turno dell’Ue, con il quale ha discusso della situazione in Afghanistan e di un’eventuale emergenza migranti. Il presidente bulgaro Rumen Radev ha invece convocato il Consiglio di sicurezza per decidere come contrastare l’aumento della pressione migratoria lungo il confine con la Turchia.

Proprio la Turchia rischia di essere un’incognita in più in una situazione di per sé già incerta. «Se gli afghani potranno lasciare il Paese dipende dai talebani e dalla situazione ai confini», ha affermato ieri la Merkel. La cancelliera, vera artefice dell’accorso del 2016 con Ankara per fermare i migranti, ha subito aggiunto che «ora è necessario lavorare a stretto contatto con la Turchia». Al contrario però di quanto accadde sei anni fa, quando accolse i profughi siriani e afghani (quest’ultimi nel Paese sono almeno centomila), oggi il presidente Recep Tayyip Erdogan è meno disponibile ad accogliere una nuova ondata di rifugiati. Complice la crisi economica, si fanno sempre più numerose le voci di quanti criticano la scelta di permettere a quattro milioni di profughi di vivere nel Paese al punto che Erdogan, anche il vista delle elezioni del 2023, ha già fatto costruire un muro al confine con Iran e Iraq e schierato l’esercito per fermare nuovi ingressi di afghani. E se la situazione dovesse precipitare c’è da scommettere che non si farebbe scrupoli ad aprire i confini con Bulgaria e Grecia permettendo così ai rifugiati di arrivare in Europa.

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