Paul Haggis, «il mio omaggio a Antonioni, Godard, Bunuel e Pasolini»
Incontri Il regista e sceneggiatore, a Roma per un masterclass, parla di «Third person»
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«Qualsiasi scusa è buona per venire in Italia, che è il mio paese preferito». A dirlo è Paul Haggis, vincitore nel 2004 dell’Oscar al miglior film e alla miglior regia con Crash e sceneggiatore di alcuni dei film più belli di Clint Eastwood, tra cui Letters From Iwo Jima e Million Dollar Baby. La «scusa», invece, è quella di un seminario che si terrà da oggi al Teatro Golden grazie all’associazione Hollywood in Rome e che durerà per quattro giorni, in cui Haggis discuterà del suo mestiere davanti a centinaia di studenti provenienti da tutta Europa, per poi lavorare ad un «set didattico» con degli attori. I proventi finanzieranno le attività della società benefica fondata dallo stesso regista, la Artists for Peace and Justice, che dal 2009 è impegnata nella ripresa di Haiti, e della loro partner italiana, l’associazione Francesca Rava. «Negli ultimi otto anni siamo stati molto impegnati – spiega Haggis – abbiamo fondato l’unica scuola superiore completamente gratuita, frequentata oggi da 1600 studenti (che presto diventeranno 2800) nonché un istituto artistico ed una scuola di cinema. Quando i ragazzi si diplomano, il 95% di loro trova un lavoro, in media retribuito venti volte quello dei loro genitori.».
Il regista di Crash e Nella valle di Elah non manca da tanto da Roma, e presto ci farà nuovamente ritorno per presentare il suo nuovo film, The Third Person, ambientato tra New York, Parigi e, per l’appunto, Roma. «Come in tutti i miei film – racconta Haggis – The Third Person contempla delle domande a cui è difficile trovare una risposta. In questo caso è l’amore, esplorato attraverso tre diverse relazioni e le tre parti che le compongono: l’inizio, la metà e la fine». Le relazioni sono quelle di Michael (Liam Neeson), scrittore di successo in cerca di ispirazione a Parigi e recentemente divorziato; Scott (Adrien Brody), che a Roma incontra la zingara Anna (Moran Atias), e Julia (Mila Kunis) che sta affrontando una battaglia legale con l’ex marito per la custodia del figlio. «Le tre storie d’amore però sono anche un pretesto – spiega Haggis – in realtà si parla del processo creativo e di quanto siamo bastardi noi produttori cinematografici, di cosa siamo disposti a fare». «Inoltre – continua – voglio rendere omaggio ai grandi registi che mi hanno influenzato ed hanno completamente ridefinito la mia idea di come fare film: Pasolini, Godard, Antonioni, Bunuel. Molti dei loro film ponevano più domande che risposte, e questo è quello che voglio fare con The Third Person».
«Il personaggio di Anna – racconta ancora il regista – mi è venuto in mente durante un mio soggiorno a Roma nel 2008, in cui mi sono chiesto cosa si deve provare ad essere una persona che viene giudicata così facilmente». Tra gli attori della vicenda ambientata nella città eterna c’è anche Riccardo Scamarcio: «gli ho chiesto di fare questa parte perché lui spesso interpreta personaggi romantici o cattivi, invece lo volevo in un ruolo comico. Nel film è un barista che ha sempre voluto diventare come Totti ma non c’è mai riuscito».
In generale, spiega Haggis, «io voglio che gli attori mi sorprendano, per questo non penso mai a un determinato interprete quando sto scrivendo un film, perché non si può non pensare al suo lavoro precedente ed esserne influenzato. Preferisco che gli attori facciano qualcosa che non mi aspettavo».
The Third Person non è però l’unico progetto di Paul Haggis che vedremo a breve: «la settimana scorsa – racconta infatti il regista – ho finito il montaggio di Show Me a Hero, una miniserie per la tv in cui per la prima volta giro qualcosa che non ho scritto. Il creatore è David Simon, lo stesso di The Wire, e tratta di una vera storia risalente al 1987 che ha a che fare con temi molto attuali ed importanti: il razzismo, l’antisemitismo, l’intolleranza». La miniserie, prodotta dalla Hbo, uscirà negli Stati uniti in autunno, e rappresenta il ritorno del regista alla televisione, in cui aveva cominciato la sua carriera come sceneggiatore e produttore. «All’epoca non ci potevamo permettere attori del grande schermo, la tv era stigmatizzata. Anche mentre lavoravo a Crash la gente aveva pregiudizi su di me perché venivo dalla tv. Per fortuna ora le cose sono cambiate: solo nelle ultime settimane sono stato avvicinato da tre grandi star che volevano lavorare a progetti per il piccolo schermo».
Negli ultimi anni, di Paul Haggis si è parlato molto anche per la sua decisione di lasciare la setta di Scientology, e fra tre giorni uscirà in America Going Clear: Scientology and the Prison of Belief di Alex Gibney, cui il regista premio Oscar ha preso parte per dare la sua testimonianza. «Sono molto contento di aver partecipato – osserva brevemente – perché dire la verità è sempre liberatorio, a prescindere dalle conseguenze».
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