Internazionale

Patricia Sosa: «Adesso, cittadinanza universale»

Patricia Sosa: «Adesso, cittadinanza universale»Patricia Sosa

Intervista La candidata per i migranti in Europa di Alianza Pais

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 19 febbraio 2017

La sala è piena all’occupazione romana di Tor de’ Schiavi – I Blu – autogestita da famiglie migranti. Gli ecuadoriani sono venuti a sentire Jeanneth Patricia Sosa, «candidata alterna» di Alianza Pais per i migranti d’Europa, Asia e Oceania. Lista 35. Si proietta il documentario sul gruppo guerrigliero Alfaro Vive Carajo, a cui Sosa ha partecipato tra il 1983 e il ’91.

Con il governo di Correa, si è costituita la Commissione per la verità e si è scoperto che anche l’Ecuador ha partecipato al Piano Condor. Cosa ricorda di quegli anni?
Insieme ad altri giovani, ho partecipato alle lotte popolari tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, in un paese dominato dagli interessi dell’imperialismo, dalle politiche economiche del Fondo monetario internazionale, con altissimi livelli di povertà estrema. Decidemmo di seguire l’esempio della rivoluzione cubana e di quella nicaraguense, per conseguire – questo era il nostro programma – «una democrazia piena, la giustizia e la dignità del popolo ecuadoriano». Abbiamo messo la nostra vita in gioco, riscattando la figura di Eloy Alfaro. Ci siamo scontrati con uno dei peggiori regimi oligarchici dell’Ecuador, quello di León Febres Cordero. Fu una guerra sporca in cui non vennero rispettati i diritti umani, fummo arrestati, torturati e assassinati in forma illegale e arbitraria, vennero commessi crimini di lesa umanità che sono ancora oggetto di indagine da parte della Commissione per la verità. Io sono stata torturata. Ho partorito mia figlia in carcere, 29 anni fa. Nel secolo scorso, per avere il controllo delle nostre risorse, gli Usa si muovevano così. Oggi, in uno scenario diverso, vogliono tornare a sottometterci mediante i golpe istituzionali, appoggiati dai media che preparano il terreno. Come hanno denunciato alcuni nostri leader – Rafael Correa, Nicolas Maduro, Evo Morales – è in atto un nuovo Plan Condor.

Qual è il suo programma elettorale per i migranti?
Nella squadra di candidati per l’Europa, siamo 4, due principali e due supplenti, Esther Cuesta, Esteban Melo, Jairo Nuñez e io. Con il governo Correa, sono stati creati servizi consolari di alto livello dedicati ai migranti in condizione di vulnerabilità, consulenza gratuita per chi ha problemi di pignoramento con le banche, assistenza alle madri con problemi di affido dei figli. Abbiamo la Ley de Movilidad Humana, l’unica al mondo che difende il diritto alla libera circolazione e che difende la cittadinanza universale, dando tutta la protezione ai migranti ecuadoriani. L’obiettivo della nuova legislatura è quello di approfondire il quadro della legge intorno ad alcuni assi programmatici: firmare accordi, anche bilaterali, per consentire l’accesso al credito a chi vuole tornare o che presenti progetti produttivi. Consentire la formazione gratuita a distanza per chi non abbia potuto portare a termine gli studi, avendo dovuto andar via negli anni del neoliberismo. Istituire il voto a distanza per le prossime elezioni.

Con Lenin Moreno saranno garantite le conquiste sociali della rivoluzione cittadina?
Lenin Moreno ha un profilo diverso da quello di Correa, che ha saputo affrontare i poderosi attacchi dell’estrema destra e della stampa corrotta riuscendo a mantenere i cambiamenti realizzati in questo decennio. Anche se abbiamo tracciato il cammino, molto resta da fare. Lenin ha però una grande capacità di ricomporre i conflitti e sono sicura che saprà approfondire la revolución ciudadana e anche promuovere legami sociali più solidi per difenderla.

Rafael Correa è avversato dalle destre ma anche da una parte dell’estrema sinistra.
Abbiamo affrontato attacchi di ogni tipo orchestrati da apparati specializzati nella guerra di bassa intensità e nei golpe istituzionali: per creare il caos, la confusione e per trasformare le menzogne in verità assolute. Dalla nostra, ci sono le conquiste di questo decennio, la riduzione della povertà estrema, gli investimenti per la salute, l’educazione, i servizi per i migranti. La presidenza di Rafael Correa passerà alla storia come una delle migliori degli ultimi 100 anni dopo Eloy Alfaro. Tuttavia, ha dovuto affrontare con durezza la secolare prepotenza dei gruppi economici e dell’oligarchia abituati a trattare come servi gli ecuadoriani. Il suo stile ha potuto infastidire certi gruppi di sinistra avulsi dalla realtà il cui purismo ideologico oggi si allea con quei settori della socialdemocrazia che, quando hanno avuto il potere, lo hanno concentrato a beneficio della destra e del settore privato. Dobbiamo vincere per dare una lezione alle destre in America latina.

L’Ecuador ha firmato il Trattato di libero commercio con l’Europa. Un passo indietro per l’integrazione sud-sud?
L’Ecuador non ha firmato il Tlc come lo hanno fatto la Colombia o il Perù. Si tratta di un accordo bilaterale che difende i nostri prodotti originari nell’esportazione, non permette l’invasione del libero mercato, cerca di proteggere la nostra economica. Dovevamo firmare un accordo commerciale per non isolarci dal mondo, tanto più in presenza di processi di cambiamento del nostro sistema produttivo che ci consente di non essere solo esportatore di materia prima, ma un paese che intende utilizzare le sue ricchezze in base ai principi del Buen Vivir.

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