Visioni

Patrice Fortier, sinfonia agreste in salsa biologica

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Intervista L’artista agricoltore nel doc di Julie Perron «Le semeur»: «Io lavoro per i cittadini e le piccole comunità dove si può trovare un’autentica libertà per i semi e la coltivazione»

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 24 marzo 2015

Legumi e ortaggi sono veri e propri individui, abitanti di una società sotterranea prospera ed egalitaria, instancabili e sensuali padri di numerose colonie, capaci di adattarsi ai venti sferzanti della campagne del Québec. Questo microcosmo variopinto e prolifico è l’universo di un artista-agricoltore, Patrice Fortier, protagonista assoluto, insieme ai suoi piccoli compagni, di Le semeur, documentario di Julie Perron appena presentato a Milano alle Journées du cinéma québécois en Italie, curate da Joe Balass. Le semeur è una sinfonia agreste sulla quotidianità del viver semplice, sulla ritualità segreta e ritmata dal sole di giardini, serre e campi coltivati, sulla protezione e le tenere esigenze della diversità biologica. Piccoli pezzi di stagioni – che ricordano le immagini, governate dalla poesia dell’acqua e delle campagne, del pioniere Pierre Perrault – dove l’eccentrica filosofia botanica di Patrice Fortier viene catturata, come per magia, dallo sguardo di Julie Perron, documentarista che in passato ha ri-tracciato altri paesaggi quebecchesi nello splendido Mai en décembre (Godard en Abitibi) sulla folle esperienza televisiva di Jean Luc Godard nel Québec del 1968 (il film è in streaming gratuito su www.onf.ca). Abbiamo incontrato regista e protagonista in attesa delle prossime proiezioni: giovedì 26 marzo all’Ex Chiesa dei Cavalieri di malta a Siracusa e all’Institut français di Firenze venerdì 27.

Julie, come hai scoperto l’esistenza della fattoria di Patrice?
Volevo fare un film su una serie di persone che salvano semi e ortaggi. Su suggerimento di un amico, ho contattato Patrice, ci siamo incontrati e abbiamo parlato. Lentamente sono riuscita a vincere le sue diffidenze e così ho cominciato regolarmente a filmarlo.

Patrice, cosa ti rendeva così sospettoso? 

All’inizio non ero molto convinto e volevo trovare delle ragioni per dire di no perché temevo l’ennesima intrusione nella mia vita. Avevo partecipato a un reportage televisivo qualche tempo prima e, subito dopo, la mia fattoria si era riempita di curiosi, mi sentivo socialmente violentato insomma. Volevo prendere del tempo ma quando ho capito che Julie non voleva un film preconfezionato ma qualcosa di organico e vivente, le ho detto di sì. L’importante era trovare un ritmo naturale fra di noi.

Patrice, nel film fai risalire la tua «conversione» bucolica al desiderio di unire l’arte all’agricoltura. Di cosa ti occupavi prima? 

Ballavo, facevo cabaret a New York, mi travestivo, lavoravo nelle gallerie d’arte. Poi mi sono stufato dell’ambiente e mi sono reinventato giardiniere. Pensavo di aver lasciato l’arte al mio passato ma poi ho iniziato a concepire un progetto di arte e agricoltura e le parrucche di angelica che indosso nel film sono un’eredità di quel progetto. L’arte è una necessità per il mio equilibrio e la mostra che ho portato all’Institut Francais raccoglie le forme fantastiche di una particolare «razza» di carote.

A breve, Milano inaugurerà l’EXPO, dedicata all’alimentazione e alla nutrizione del pianeta. Che impressioni avete raccolto in questi giorni milanesi? 

Julie: Purtroppo il tempo trascorso a Milano è stato frenetico in positivo quindi non sono riuscita a studiare con calma il programma EXPO. Di sicuro penso che bisognerebbe proporre idee diverse ma non nei grandi padiglioni. In un’epoca dove fa tendenza essere «bio», paradossalmente i progetti sono giganti quando sono convinta che l’unica maniera di essere «bio» è fare qualcosa di piccolo e utile. In altre parole, se Coca Cola sposa un progetto, significa che non è davvero per la gente.
Patrice: Sono d’accordo con Julie. Io mi tengo alla larga dai grandi mercati, non partecipo, io lavoro per i cittadini e le piccole comunità dove si può trovare un’autentica libertà per i semi e la coltivazione.

Quali progetti vi aspettano per il futuro? 

Julie: Girerò un film in Grecia con un’archeologa che trova i semi del Neolitico, li analizza e riscopre i sapori antichi. Doveva fare parte di Le semeur ma poi ho preferito dedicarmi solo a Patrice.
Patrice: Sto scrivendo una pièce di teatro vegetale. Sarà uno show divertente, pieno di «personaggi», addirittura erotico visto che la semina è sostanzialmente un processo sessuale e sensuale.

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