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«Patria in pericolo», la crociata di Orbán

«Patria in pericolo», la crociata di Orbán/var/www/vhosts/ilmanifesto.co/ems/data/wordpress/wp content/uploads/2014/05/22/23europa ungheria – Reuters

Ungheria In Ungheria i conservatori del premier euroscettico hanno il vento in poppa nei sondaggi: «All’Eurocamera non manderemo traditori». Cresce l’estrema destra di Jobbik, in affanno il centro-sinistra

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 23 maggio 2014

«Messaggio a Bruxelles: rispetto per gli ungheresi!». Questo si legge sui manifesti elettorali del Fidesz-Kdnp, la forza politica conservatrice (in Europa con il Ppe di Jean-Claude Juncker e Angela Merkel) che lo scorso 6 aprile ha prevalso nel voto politico nazionale, confermandosi al governo del Paese. Pur avendo meno consensi di quattro anni fa, è riuscita a mantenere la maggioranza di due terzi: un risultato ottenuto, secondo la minoranza di centro-sinistra, grazie al nuovo sistema elettorale concepito dai governanti per favorire il loro successo. L’opposizione, dal canto suo, si era presentata alle elezioni frammentata e priva della forza necessaria per contrastare efficacemente le forze dell’esecutivo.

Il primo ministro Viktor Orbán aveva chiesto un voto per portare avanti la lotta ingaggiata nel 2010 «contro la burocrazia dell’Unione europea e contro i giganti della finanza internazionale». «La patria è sempre in pericolo – aveva detto – e per questo non bisogna abbassare la guardia». Oggi il premier assicura che all’Europarlamento non verranno mandati traditori, ma persone che sapranno tutelare gli interessi dell’Ungheria. Una retorica che ha dimostrato la sua efficacia negli ultimi quattro anni, nel corso dei quali il leader del Fidesz è riuscito ad accreditarsi presso numerosi suoi connazionali come unico uomo politico in grado di difendere i diritti degli ungheresi.

Più volte, nel corso del suo secondo mandato, Orbán è stato impegnato in scontri diretti con le istituzioni europee: Bruxelles ha spesso criticato le iniziative prese dal suo esecutivo e minacciato di adottare provvedimenti sanzionatori. Per molti suoi sostenitori, però, Orbán è il leader che ha saputo tenere testa all’Unione europe e ad affermare un principio essenziale: in Ungheria comandano gli ungheresi.

Il primo ministro non si definisce euroscettico, ma «eurorealista»: uno che parla a favore dell’Europa delle nazioni e dei popoli. È solito biasimare quelle che chiama tendenze anticlericali sempre più diffuse nel Vecchio continente: il suo governo «cristiano» ama presentarsi come l’esempio che dovrà prima o poi essere seguito dall’Europa. Secondo l’opposizione di centro-sinistra, invece, si tratta di un governo dei ricchi, antidemocratico e autoritario, che avrebe puntato il timone verso Mosca con la firma dell’accordo in materia di energia nucleare, accentuando notevolmente la sua dipendenza dalla Russia in ambito energetico.

Secondo i socialisti (Mszp), il voto del 6 aprile scorso era l’occasione per scegliere tra Mosca e Bruxelles, ma la maggioranza degli elettori (il 62 % degli aventi diritto) non ha dato loro credito. Alla vigilia dalle europee appare sempre più probabile un nuovo rilevante successo del Fidesz che, secondo il sondaggio effettuato dall’Istituto Nézopont tra il 6 e l’8 maggio scorsi, gode del sostegno del 46% degli interpellati. Jobbik, il partito antisemita e anti-rom di estrema destra, avrebbe il 15% (il 20% secondo altre inchieste) a pari merito con i socialisti. Ai verdi-liberali di Lmp viene attribuito il 10% del favore popolare mentre l’Alleanza democratica sarebbe ferma al 4%.

Il centro-sinistra nel suo complesso continua insomma ad essere in difficoltà, mentre la sinistra alternativa (composta dal neonato «Quarta Repubblica» e il «Partito operaio 2006») non viene neanche menzionata nei sondaggi. Fidesz potrebbe dunque ottenere oltre la metà dei 21 seggi europei destinati all’Ungheria: Orbán e i suoi ritengono che sia il giusto riconoscimento per avere restituito dignità agli ungheresi e migliorato il loro tenore di vita, malgrado, secondo recenti inchieste, un terzo della popolazione abbia problemi di povertà.

Se lo scorso 6 aprile avevano votato meno aventi diritto che alle politiche precendenti, il sondaggio dell’istutito Nézopont fa prevedere un ulteriore calo di partecipazione al voto europeo, stimata al 44%. Secondo recenti indagini l’euroscetticismo è aumentato: oggi solo il 32% degli ungheresi riterrebbe vantaggiosa l’appartenenza del paese all’Ue. Molti analisti, tuttavia, fanno notare che la maggioranza dei cittadini magiari sceglierebbe comunque di restare all’interno dell’Ue.

L’estrema destra di Jobbik non è di questo parere, e si batte per l’uscita dall’Unione. Non sono mancati i gesti eclatanti: due anni fa, a un comizio, uno dei suoi dirigenti ha bruciato una bandiera dell’Ue. Ora, alle europee, questa forza (cresciuta alle elezioni politiche dello scorso aprile rispetto al 2010) potrebbe piazzarsi al secondo posto dopo il Fidesz, superando i socialisti. Il partito, però, è stato messo in difficoltà dalle accuse di spionaggio nei confronti dell’eurodeputato Béla Kovács che, secondo il presidente della Commissione sicurezza del Parlamento magiaro, avrebbe mantenuto contatti regolari e organizzati con i servizi segreti russi. Contro Kovács è stata chiesta ufficialmente la sospensione dell’immunità parlamentare. Secondo Gábor Vona, presidente di Jobbik, si tratta solo di un attacco strumentale per screditare il partito.

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