Pastorizia e transumanza curano la pelle della Terra
Alternative A Piaggine (Cilento) è nata una «lobby» di pastori italiani ed europei che chiede sostegno alla pastorizia esaltando le sue preziose funzioni agroecologiche
Alternative A Piaggine (Cilento) è nata una «lobby» di pastori italiani ed europei che chiede sostegno alla pastorizia esaltando le sue preziose funzioni agroecologiche
Le pecore e le capre in Spagna fanno i «pompieri»: nell’ambito di progetti tra pastori e enti pubblici vengono portate a brucare piccoli frutti e sterpi delle zone più impervie, riducendo il rischio di incendi accidentali dove i forestali non arrivano. Le pecore sono «custodi» di aree monumentali e menhir in Francia, dove pascolano ripulendo percorsi e vialetti gratis senza causare alcun danno ai preziosi reperti.
In Italia, invece, il ruolo ecologico e sociale della pastorizia tradizionale è ignorato e addirittura ostacolato. Con la crisi economica e la diffusione degli stili di vita vegetariani e vegani, «se non avessimo una maggiore presenza di persone di religione musulmana – benedetto il giorno in cui sono arrivati, soprattutto in nord Italia – le nostre aziende avrebbero chiuso. Sulla spinta della giusta attenzione per il benessere animale, i capi non si possono più macellare in azienda: devi usufruire di una struttura industriale e questo fa salire di molto i prezzi per cui la vendita all’ingrosso diventa l’unica possibilità, ma anche un capestro. Nel Nordest le aziende con almeno un migliaio di capi sono una settantina. Eppure se una fabbrica chiude fa rumore, mentre delle difficoltà della pastorizia sembra non interessare a nessuno».
Chi parla è Verdiana Morandi, classe 1980. Si laurea in relazioni internazionali a Scienze politiche: «Poi ho fatto un master in Sviluppo Sostenibile a Bologna e un secondo master in Gestione della montagna a Udine. Ho cominciato a lavorare in un ente parco a Udine. Ma mia battaglia personale è far vincere la ruralità». Verdiana partecipa al Comitato per la sicurezza alimentare della Fao come parte dell’Alleanza dei Pastori Wamip con la società civile della Fao: «Mio padre è un pastore tradizionale in Friuli: siamo pastori da generazioni. Da qualche anno anche mio fratello ha un suo gregge, come molti altri giovani che si sono resi conto che è meglio che fare l’operaio in una fabbrica».
Perpetuano una pratica ancestrale, la transumanza: «Le nostre pecore, circa 1500 per gregge, non sono mai al chiuso: sono in giro tutto l’anno e passano almeno tre mesi in quota, in alpeggio, in Carnia. Brucano quello che trovano lungo la strada», racconta Verdiana. Ma la loro strada è sempre più a ostacoli: «La rete verde è compromessa: il consumo di suolo nel Nordest è disperato, e dove prima c’erano pascoli trovi capannoni, parcheggi e cemento. Per di più per attraversare un paese devi chiedere un permesso circostanziato in carta bollata con almeno 15 giorni d’anticipo. Con la Pec si è un po’ semplificata la trafila, ma quando per i rovesci improvvisi del clima devi cambiare via, tutto precipita perché non essendoci una legislazione ad hoc per la pastorizia andiamo avanti a regi decreti. Devi stare alle stesse regole di chi ha una stalla stanziale. Con vincoli che è impossibile da rispettare in maniera legale, e nel disinteresse generale».
Negli ultimi trent’anni il settore ovino è diventato sempre più marginale in Italia. Nel ventennio 1990-2010, secondo il censimento Istat, si sono persi 1,92 milioni di capi ovini, il 22% del patrimonio nazionale, e più di centomila di aziende ovine, il 68% delle aziende totali. E a dieci anni di distanza la tendenza non è cambiata.
Verdiana capisce che bisogna fare qualcosa: nel 2009 fonda l’Associazione dei pastori transumanti del Triveneto, poi partecipa a un incontro europeo di associazioni come la sua: «Gunther, il leader dei pastori tedeschi, mi ha illuminato. L’erba è la pelle del mondo, ha detto, e i pastori se ne prendono cura» – ricorda Verdiana. «E di lì ho capito che se ci mettevamo insieme a livello italiano, e in rete con le altre esperienze europee, potevamo cambiare le cose».
Nei primi giorni di ottobre 2019, nel piccolo comune di Piaggine, in Cilento, la rete nazionale Appia di cui Verdiana è co-promotrice, insieme a delegazioni di associazioni di pastori provenienti dalla Catalogna, dalla Francia e dall’Italia – per iniziativa della Comunità Montana Calore Salernitano e del Comune di Piaggine – facilitati dall’ong Terra Nuova hanno lanciato un’iniziativa di pressione sulle istituzioni nazionali e europee per valorizzare il ruolo dei pastori di fronte alla nuova sfida dei cambiamenti climatici. «Ogni pastore è erogatore di fondamentali servizi ecosistemici che non vengono adeguatamente remunerati, nemmeno dai fondi europei».
Georges Zinsstag, quaranta anni da pastore alle spalle, membro della Chambre d’Agriculture d’Occitanie, è tra gli estensori, insieme all’italiana Paola De Meo di Terra Nuova, della Carta di Piaggine, «che vuole esplicitare il valore economico ma soprattutto agroecologico della pastorizia tradizionale nei nostri Paesi, fondamentale per aree interne che, in nostra assenza, restano abbandonate e vedono minacciato il proprio patrimonio naturale e di biodiversità», spiega Georges.
«Nelle aree parco delimitate dalle regole europee di Natura 2000 – racconta ancora – spesso, ad esempio, ci vietano passaggio e pascolo, ignorando che le pecore, spostandosi, portano con sé semi e pollini facilitando la riproduzione della biodiversità. Soltanto mangiando pecore e capre puliscono e fertilizzano le aree boschive permettendo che il sottobosco cresca sano, stoccando più anidride carbonica rispetto al solo bosco, e consentendo a molte specie di uccelli di nidificare a terra in luoghi in cui non sarebbe possibile».
Quando le aree parco sono impedite, «la pulizia di alcuni prati e passaggi che facevano le pecore – continua Georges – la debbono fare i Comuni con i trattori e i forestali. Chi non ha fondi, per i tagli avvenuti in Europa alla spesa pubblica, non la fa più, gli incendi aumentano e molti animali non si addentrano tra le sterpaglie, spostandosi o estinguendosi e rendendo queste zone più inaccessibili e desertificate».
Le funzioni agroecologiche della pastorizia tradizionale «non sono remunerate come azioni di sviluppo rurale della Politica agricola comune in molti Stati dell’Ue, sottolinea Georges. «Se hai un contratto di affitto di un pascolo ti viene riconosciuta un’azione di conservazione e miglioramento di quella zona, se le tue pecore lo fanno camminando in gran parte dell’Europa non hai diritto ai contributi. E con la riduzione consistente ai fondi Pac si rischia che l’azione ambientale delle attività agricole sia ancor meno riconosciuta che nel passato, quindi dobbiamo agire».
I pastori-lobbisti di tutta Europa si muoveranno, grazie alla Carta di Piaggine, a livello locale, regionale, nazionale e europeo, in maniera coordinata, per farsi ascoltare e difendere prodotti, occupazione, ambiente, dignità. «Come primo passo in Italia – aggiunge Verdiana – stiamo chiedendo di far parte del panel degli interlocutori stabili del ministero delle Politiche agricole, ma al momento non c’è risposta. Insieme, però, sono sicura che ci riuscirem
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