Un corpo formicolante di figure, soggetto nato dal bricolage e da un métissage di simboli e immaginari che si intrecciano sulla pelle ricalcando le avventurose esplorazioni dei confini di sé di antenati e individui senza paura. Oppure pelli intrise in fregi neotribali che assumono il ruolo di influencer, rovesciando quella body art permanente nel suo esatto contrario: una pratica consumistica votata all’effimero. Nel libro Iconologie del tatuaggio. Scritture del corpo e oscillazioni identitarie, a cura di Gianfranco Marrone e Tiziana Migliore (uscito per Meltemi, pp. 300, euro 24) alcuni studiosi e semiologi si interrogano sulle possibili qualificazioni somatiche e linguistiche...