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Passi e passaggi nel cohousing

Finestre su Orosia Luana va e viene nel cohousing . Quando c’è ne senti il canto o la vedi nel cortile a chiacchierare. Pranza e cena di qui e di là, portando doni. […]

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 14 febbraio 2015

Luana va e viene nel cohousing . Quando c’è ne senti il canto o la vedi nel cortile a chiacchierare. Pranza e cena di qui e di là, portando doni. Viaggia tra luoghi e amici. C’è il suo calendario ed i suoi tempi, non c’è un “saremo”. C’è un passare, una passione che è un battito d’ali e poi numeri di telefono, contatti, saluti, notizie. Smirna, sai che c’è. Lei veglia sulle albe ed i tramonti della casa e la popola di gente e sogni anche quando è vuota. La vedi poco, ma se hai bisogno, puoi contarci. Questo diverso modo di abitare nel cohousing, tra “stabile” e “di transito”, apre a questioni non solo di differenza tra anime, ma di concezione e identità del “cohousing “. E’ un luogo “prima casa” o può essere anche solo di “appoggio”, di rifugio, quando la propria vita è altrove? A Orosia, su questo, c’è discussione e destabilizzazione perché sono chiamate in causa organizzazione e regole. Ernesto inneggia alla libertà individuale pacifica. Per Lola “sapere essere presenti” è senza luogo e senza tempo, Anna e Rino propongono la trilogia del rispetto della differenza, tolleranza e accoglienza. La tensione cresce quando Aurora porta esempi di spreco, disordine, abbandono di oggetti e luoghi, di un abitare senza attenzione e cura..La Olga ha mal di testa: si scusa, ma questi disaccordi la ammutoliscono . Da lì in poi l’ombra del secolare conflitto tra proprietà privata ed in comune , come invisibile uragano, inghiotte il gruppo . Francesca Guidotti, Presidente di Rive (Rete italiana dei villaggi ecologici) scrive di responsabilità . Propone la lettura di “ Etnografia del quotidiano”, libro scritto da Marco Aime, professore di Antropologia culturale all’Università di Genova. l’idea è che la responsabilità al giorno d’oggi sia stata privata del suo significato originale e declassata come valore morale e sociale con la conseguente proliferazione di esseri umani incapaci del “prendersi cura” o del compito affidatogli. Per Francesca la responsabilità è valore di base, senza il quale non è possibile creare comunità. Se nel gruppo ognuno non si prende responsabilità di parola e azione, i conflitti proliferano . Responsabilità come chiarezza, ma anche come lungimiranza. Citando il filosofo tedesco Hans Jonas, Guidotti ricorda che ogni scelta e atto umano deve tenere presente le conseguenze future volendo conservare e migliorare questo mondo. E questo è poi il senso ultimo delle attuali culture pacifiste, ecologiste e sociali. Guardo la serra ed il cielo stellato. Nei ’70 della mia adolescenza, era convinzione che incontrarsi per strade e luoghi diversi, condividere lo zaino e qualche notte, fosse importante per fondare un mondo nuovo . Più che di un mondo nuovo oggi sento il bisogno di un mondo migliore, di poter contare su persone che accettino e supportino le mie fragilità e coltivare la resistenza e generosità per farlo a mia volta: mi tranquillizza un mondo concepito così.Forse è invecchiare o forse, come dice Francesca è venuta l’ora di esercitarci nella responsabilità, e che sia la “buona garanzia” dei nostri progetti.

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