Elisabeth (Charlotte Gainsbourg) ha circa quarant’anni, lasciata dal marito e provata dall’esperienza di un cancro al seno, deve trovarsi un lavoro per crescere due figli adolescenti e, magari innamorarsi di nuovo. Non semplice. Intorno a lei un contesto storico ben definito, la Francia degli anni Ottanta, «gli anni di Mitterand», che si intrecciano alle vicende della famiglia protagonista di Passeggeri della notte, magnificamente modulato dalla sua protagonista, Charlotte Gainsbourg, e da altre figure femminili che di lei tracciano il cammino: la conduttrice radiofonica Vanda (Emmanuelle Béart), animatrice con la sua voce bassa del programma notturno Les Passagers de la nuit (da cui il film prende il titolo); e Talulah (Noée Abitat), una ragazza che sbarca a Parigi la sera della vittoria della gauche con zaino e sacco a pelo per dormire dove capita. «Somigli a un uccellino» le dice Elisabeth che la fa entrare nella sua famiglia. Lei rimane un po’, fa innamorare il figlio maggiore di Elisabeth, poi vola via; riappare quattro anni dopo solo per sparire di nuovo, stavolta sarà per sempre.
Cosa racconta il film di Mikhael Hers, presentato lo scorso anno alla Berlinale e ora in sala? Un’epoca, quegli anni Ottanta che ne sono un personaggio essenziale, di cui il regista allora ragazzino (è nato nel 1975) ritrova i colori, la texture, la sonorità, la musica. E ne segue le tracce tra gli archivi urbani che dalla ricostruzione passano alla reinvenzione di verità. Tutto è vero, personale, tutto è sentimento inafferrabile, tutto è forse nostalgia per qualcosa che si è appena sfiorato.

«QUI LE PERSONE parlano di sé, del proprio passato, della loro infanzia, questa è la regola del gioco» sussurra Vanda ai suoi microfoni, nella Maison de la radio che intanto è divenuta anche la casa di Elisabeth, che lì lavora insieme a lei.
È dunque l’energia effimera e insieme pulsante di un tempo che il film cerca di ritrovare, e unire al movimento dei suoi personaggi, che poi è quello della vita coi suoi imprevisti di felicità e gli attimi bui, i cambiamenti talvolta dolorosi, i distacchi previsti – come quello coi figli – che pure fanno sempre male e sorprendono. Si può ancora giocare però in quel periodo, ci si può ancora muovere con un po’ di leggerezza, forse per l’ultima volta in una società che prova, proprio come i protagonisti del film, a reinventare se stessa. Dove c’è spazio per tutti, e Parigi appare persino come una mappa luminosa, la stessa sui tabelloni del metrò con cui gioca Talulah improvvisando percorsi possibili.
Anche lei fa parte di quel paesaggio in movimento, flaneuse punk che vive fuori dalle norme, e rischia cade tradisce ama. Seducente appartiene alla notte, davanti al Rohmer di Le notti della luna piena si incanta. Per perdersi poi come quel tempo inghiottito in altre storie.