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Partiti trasparenti, fondazioni no

Partiti trasparenti, fondazioni noLa camera dei deputati

Passa alla camera una riforma piccola piccola. Che il Pd vota quasi da solo e che saluta con eccessiva enfasi: l'aspettavamo da 70 anni

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 9 giugno 2016

«Una legge attesa da settant’anni». Serve tutta l’enfasi del partito democratico per cercare di richiamare un po’ di attenzione sulla nuova legge sui partiti, quella che neanche più la maggioranza definisce «attuazione» dell’articolo 49 della Costituzione. Una legge piccola piccola, nemmeno più sul «metodo democratico» che la Costituzione prevede come regola della vita interna dei movimenti politici e che mai si era voluto fino a qui precisare. Non c’è più l’obbligo di statuto, che sarebbe stata una norma studiata contro il Movimento 5 Stelle, e la soglia della trasparenza si ferma prima dell’ingresso nelle fondazioni, che resteranno così la cassaforte più che dei partiti dei singoli politici in carriera.

La legge è stata approvata ieri pomeriggio in prima lettura. Con una maggioranza relativa assai scarsa per un progetto «atteso da 70 anni», come ha detto il relatore Pd Fiano. Appena 268 voti favorevoli, di cui 228 del medesimo Pd. Gli altri 40 sono degli alleati centristi, i pochi presenti, e di cinque deputati di Ala che per quanto Renzi dichiari di voler mollare Verdini, non si staccano. È una legge che, non troppo diversamente dal conflitto di interessi, altra riforma partita con grandi promesse e atterrata su un testo minimale, assai difficilmente camminerà spedita al senato.
Intanto quello che è stato approvato prevede che l’obbligo di statuto resti in piedi solo per i partiti che intendono partecipare alla parte residua del finanziamento pubblico (il meccanismo del due per mille). Per presentarsi alle elezioni basterà una «dichiarazione minima di trasparenza» e cioè la semplice indicazione della sede legale, degli organi del movimento con le relative attribuzioni, del nome del titolare del simbolo e delle modalità con le quali si selezionano i candidati. Nulla che il Movimento 5 Stelle non possa permettersi. Per questo i deputati di Sinistra italiana che, come del resto i grillini, hanno votato contro (mentre Forza Italia e Lega si sono astenute), parlano di «inciucio» tra il Pd e i «nemici» a 5 Stelle. «Un compromesso al ribasso che non disturba nessuno dei due partiti più grandi», secondo il deputato Stefano Quaranta.

Resta fuori infatti anche la trasparenza delle fondazioni, che potranno continuare a finanziare i partiti, così come potranno continuare ad essere finanziate da enti e società partecipate dallo stato o titolari di appalti pubblici. Sulle fondazioni è stato solo previsto l’obbligo di «conformarsi ai principi di trasparenza, autonomia finanziaria e separazione contabile».
Per quanto riguarda i finanziamenti ai partiti erogati direttamente dai privati, poi, resta la possibilità che quelli inferiori ai 15mila euro siano anonimi, basta che il finanziatore chieda che venga rispettata la sua privacy. Infine c’è la norma che è stata presentata come la soluzione del «caso Pizzarotti», e cioè l’applicazione ai partiti delle regole del codice civile per quanto riguarda le espulsioni. Peccato però che questo rinvio alle norme generali non valga nel caso in cui le regole interne dispongano diversamente, e quelle del Movimento 5 Stelle esistono e sono chiare. L’ultima parola spetta comunque al capo politico, cioè Grillo.

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