Partite truccate, chiunque può farla franca
Dirty Soccer L'ultimo grido del calcioscommesse è il pentimento. E la giustizia sportiva continua a diffondere un radicato senso di impunità
Dirty Soccer L'ultimo grido del calcioscommesse è il pentimento. E la giustizia sportiva continua a diffondere un radicato senso di impunità
L’ultimo grido del calcioscommesse è il pentimento. Si confessa, si collabora, in cambio gli sconti di pena. Il Catania che è rimasto in Serie B grazie alle partite acquistate dal presidente Pulvirenti – cinque, 100 mila euro per ogni tre punti – per volere della Procura della Figc non è finito in serie D, come altri club coinvolti, Teramo e Savona per esempio, ma in Lega Pro con 12 punti di penalizzazione nella maxinchiesta, operazione Dirty Soccer, messa assieme dagli inquirenti di Catanzaro. E lo stesso Pulvirenti deve scontare cinque anni di squalifica, con un’ammenda record da 300 mila euro. Il presidente del Catania ha fatto nomi, vuotato il sacco: tra non molto si saprà qualcosa sui nuovi scenari, con indagini in corso e atti secretati dalla Procura catanese.
La sentenza arrivata dal Tribunale della Figc è poco più pesante – e decisamente più equa – rispetto alle incredibili richieste del superprocuratore Stefano Palazzi, che voleva cinque punti di penalità per il Catania, retrocesso in Lega Pro. Quindi, per Palazzi il Catania con appena cinque punti di penalizzazione avrebbe pagato il conto, con tutte le chance di risalire subito nella categoria superiore, dopo aver coperto di ridicolo e fango il calcio italiano, mentre per il Teramo neopromosso in B, Savona e Torres, con i dirigenti che non hanno voluto collaborare, ora c’è la serie D. Alla faccia della coerenza. Non è facile comprendere cosa dovesse fare in più Pulvirenti per essere radiato. Per finire a ere geologiche di distanza dal calcio giocato. E dalle parti della Figc dovrebbe partire una lettera ai milioni di tifosi disgustati che stanno per mollare il pallone provando a spiegare perché la giustizia sportiva alimenti un senso così radicato di impunità.
Chiunque può farla franca, anche truffatori – sotto forma di presidenti, dirigenti, calciatori – che comprano partite, truccando i campionati, prendendo in giro chi paga il biglietto allo stadio oppure davanti a un divano. E la stessa sensazione di impunità si prova nel caso Lazio con Stefano Mauri, nel filone che fa capo alla Procura di Cremona, per riagganciarci alla Serie A che davvero ha rischiato di vedere rinviato l’inizio, con le posizioni a lungo pendenti dei biancocelesti e dell’Atalanta. Sempre la Procura della Federcalcio non attiverà un processo bis nei confronti della Lazio e del suo ex capitano, subito tornato alla corte di Lotito che l’aveva piazzato in naftalina, in attesa delle decisioni della Procura cremonese. Mentre è stata disposta l’apertura di nuovo procedimento anche per Milanetto, Ferrario, Benassi e Rosati, finiti nei guai come Mauri per le nuove rivelazioni del capo degli zingari Ilievski.
Solo l’ennesima prova che la giustizia sportiva italiana non funziona. Non può più andare avanti. E non basterà la cacciata di Palazzi già stabilita dal numero uno della Figc Carlo Tavecchio e del Coni Giovanni Malagò (in pole c’è l’ex prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro) per sanare incongruenze e ingiustizie degli ultimi anni.
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