Parigi, il corteo anti islamofobia non convince la sinistra
Le leggi laiche definite "liberticide" dagli organizzatori vicini ai Fratelli musulmani
Le leggi laiche definite "liberticide" dagli organizzatori vicini ai Fratelli musulmani
Grande confusione e molte polemiche a sinistra, per la manifestazione che ha luogo oggi a Parigi per protestare contro le discriminazioni di cui sono vittime i cittadini di religione musulmana. La mobilitazione è nata dopo l’attentato alla moschea di Bayonne, il 28 ottobre scorso, dove un ex candidato del Fronte nazionale ha ferito due persone.
QUALCHE GIORNO PRIMA, a Belfort, una madre con il foulard che accompagnava una classe era stata aggredita verbalmente da un consigliere comunale del Rassemblement national, perché velata. Ne è seguita la ripresa della polemica infiammata, sul velo e il suo posto nella società, che dura da trent’anni in Francia (il primo caso scoppiò nell’89, con l’esclusione da scuola di tre ragazze con il foulard, a Creil).
In un sondaggio appena pubblicato, il 42% dei francesi di religione musulmana afferma di aver subito delle discriminazioni. Pesa l’amalgama con gli islamisti, dopo i più di 300 morti negli attentati degli ultimi anni. Il 1° novembre, è stato pubblicato su Libération un appello a partecipare alla manifestazione di oggi, firmato da molte personalità della sinistra, da Jean-Luc Mélenchon a Philippe Martinez della Cgt, da Yannick Jadot dei Verdi all’ex socialista Benoît Hamon.
Ma il testo ha sollevato una polemica e alcuni dei firmatari si sono tirati indietro, a cominciare dalla femminista Caroline De Haas. Tre problemi: 1) l’appello è contro l’«islamofobia», termine controverso, che allude a un «razzismo antimusulmano»; 2) nel testo si parla di «leggi liberticide», riferimento a quella del 2004 che esclude i segni religiosi nella scuola e quella del 2010 che proibisce il burqa nelle strade, per ragioni di sicurezza; 3) l’appello a manifestare è originato dal Collettivo contro l’islamofobia in Francia (Ccif), un’organizzazione considerata vicina ai Fratelli musulmani e a Tariq Ramadan (tra i firmatari c’era all’inizio anche un imam che ha esplicitamente giustificato la sottomissione delle donne e lo stupro nel matrimonio, c’è chi aveva denunciato Charlie Hebdo per le caricature di Maometto e non ha detto nulla dopo l’attentato del 7 gennaio 2015).
In Francia dal 1905 esiste la separazione delle chiese dallo Stato, che è laico, cioè neutro rispetto alle religioni, garantisce il diritto di credere e di non credere, mentre rispetta nelle sue azioni una stretta neutralità (niente segni di appartenenza religiosa per i dipendenti pubblici e nelle amministrazioni, scuola compresa). Condannare l’«islamofobia» per molti coincide con l’impedire l’espressione libera della critica alla religione. Mélenchon ha confermato la presenza al corteo, anche se solo nel 2015 affermava: «Contesto il termine islamofobia», «difendo l’idea che si abbia il diritto di non amare l’islam, il diritto di non amare la religione cattolica». Ma ora dice: «La questione posta oggi non è quella del diritto o meno di criticare la religione, si tratta di combattere l’attitudine di odio cieco che spinge al crimine».
IN FRANCE INSOUMISE però ci sono molte defezioni. A cominciare dal giornalista-regista François Ruffin, che afferma di dover «giocare a calcio», e il numero due del partito Adrien Quatennens, che ha «altro da fare». Il leader dei Verdi Jadot afferma di «non condividere» tutto il testo dell’appello e non andrà a manifestare, ma sottolinea la «solidarietà con la comunità musulmana». Il Ps ha preso le distanze: «Non ci riconosciamo nelle parole d’ordine che presentano le leggi laiche in vigore come liberticide». Il segretario Oliver Faure precisa: «Difendiamo la legge laica che permette di credere e di non credere», ma condanna la «diffusione dei discorsi d’odio anti-islam».
Nel Pcf, il segretario Fabien Roussel non andrà alla manifestazione e trova «riduttivo» il termine «islamofobia», mentre ci sarà Jan Brossat, che è stato capolista alle europee. Il primo ministro Edouard Philippe è intervenuto nella discussione: «Non nego che in Francia alcuni possano essere attaccati per il colore della pelle o per le convinzioni religiose, e questo è razzismo e discriminazione. Ma un certo numero, forse non tutti, di coloro che chiamano a manifestare mi pare che siano in una logica comunitarista», che si oppone all’universalismo che è alla base della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, testo fondamentale della Rivoluzione e preambolo della Costituzione in vigore (1958).
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