Paramount, la marcia della Silicon Valley
Cinema L’accordo per l’acquisizione da parte di Skydance
Cinema L’accordo per l’acquisizione da parte di Skydance
Secondo un accordo preliminare, la Paramount Pictures, i leggendari studios di Viale del tramonto, Chinatown e Il Padrino verranno assorbiti da una cordata guidata da David Ellison e finanziata in parte dal padre, Larry Ellison, «digital mogul» della Oracle. Il merger coinvolge anche la rete broadcast Cbs, Nickelodeon, Showtime, la piattaforma streaming Paramount + e il pacchetto di emittenti cable Viacom. L’affare prevede la cessione del pacchetto azionario di maggioranza della Paramount Global, valutato 8 miliardi di dollari, da parte della National Amusement, che è il maggiore azionista. Nel complesso il gruppo avrebbe un valore di 28 miliardi di dollari, come nuovo amministratore delegato, Ellison, a 41 anni, diventerebbe fra i potentati più giovani di Hollywood. L’affare conclude l’era della dinastia Redstone, iniziata con l’acquisto del gruppo Viacom da parte di Sumner Redstone e proseguita successivamente con il controllo della figlia Shari Redstone (che riceverà 2,4 miliardi). David Ellis è già dirigente di Skydance, specializzata in blockbuster commerciali d’alto bordo.
Conglomerati transnazionali e tecnologia, una tendenza già in atto a Hollywood
FRA I TITOLI all’attivo della casa di produzione già da anni associata con la Paramount, Mission Impossible protocollo fantasma, Star Trek Into Darkness, World War Z, Terminator Genysis e Top Gun: Maverick. Il finanziamento per l’affare sarà fornito da fondo di investimenti Red Bird e dalle laute finanze del padre di Ellison, Larry Ellison, fondatore del gigante del softwere Oracle e quinto uomo più ricco del mondo con una fortuna stimata in 120 miliardi di dollari. Ellison padre è noto come patron di tornei di tennis e team velistici di Coppa America, oltre che per le collezioni di auto aerei e yacht che sono accessori de rigeur per il moderno miliardario. Ellison è noto anche per i suoi legami con la destra repubblicana, come sostenitore di Donald Trump e degli ambienti estremisti Maga coinvolti nella tentata sovversione delle elezioni del 2020.
L’AFFARE PARAMOUNT si colloca nell’ambito della continuata conversione di Hollywood in conglomerati transazionali. Oggi solo la Disney (che ha assorbito anche la Fox) può vantare una linea di discendenza diretta dalla proprietà originale.) La Sony (già Columbia) è l’unica major controllata da un gruppo straniero (l’omonimo marchio di elettronica giapponese). La Warner (Time Warner) fa capo al colosso di telecomunicazioni AT&T, stesso settore della Comcast che controlla la Universal.
IL TREND di consolidamento investe le case che producono il «content» necessario ad alimentare le piattaforme di distribuzione digitale che hanno aperto un periodo di forte evoluzione tecnologica e manageriale a Hollywood. All’iniziale impennata della richiesta si è accompagnata la crescente incertezza sulla sostenibilità dei nuovi modelli distributivi ed una potenziale saturazione del mercato. Nel frattempo gli utili globali stentano tuttora a recuperare i livelli pre-pandemia. La macro tendenza rimane l’entrata sempre maggiore dei colossi di Silicon Valley nel settore produttivo-distributivo. Nel 2022 Amazon ha acquisito il catalogo MGM per 8,5 miliardi di dollari, e lo studio più influente di Hollywood oggi è Netflix i cui imponenti edifici si moltiplicano lungo Sunset boulevard. Apple TV e Youtube completano il contingente sempre più nutrito di colossi digitali nella capitale dell’intrattenimento.
Non sorprende che la nuova direzione Paramount affermi di voler puntare sulla tecnologia (la Skydance è già da tempo attiva anche nel settore videogame). Un comunicato dell’azienda parla anche di «stabilità» per i creativi, un tentativo di rassicurare un’industria colpita l’anno scorso da scioperi di attori e sceneggiatori. Un nuovo contratto è stato recentemente definito anche con il sindacato delle maestranze, Iatse, ma non è chiaro se questo servirà a rallentare l’emorragia di produzioni locali, decimate da delocalizzazione, globalizzazione dello streaming e l’incognita intelligenza artificiale che incombe.
L’accordo contempla un periodo di 45 giorni in cui valutare potenziali nuove offerte. A questo riguardo segnali di interesse sono giunti da Barry Diller (in passato manager Paramount e Fox) ed Edgar Bronfman Jr.(già Seagram/Vivendi/Wb).
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