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Paola Pallottino, la mia vita a scuola di figure

Paola Pallottino, la mia vita a scuola di figureAlphonse de Neuville, una tavola da Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne, edito in volume da Pierre-Jules Hetzel, 1870

Illustrazione, una maestra Dal fantastico dei ‘Voyages’ (de Neuville, de Montaut) a Cambellotti, al delizioso «déco» di Maria Augusta Cavalieri... Nel ricevere dall’Accademia di Belle Arti di Macerata il titolo di membro onorario, Paola Pallottino ha tenuto questa lectio: i suoi ricordi

Pubblicato circa un anno faEdizione del 23 luglio 2023

Consapevole di avere vissuto una vita molto fortunata, segnata da numerosi privilegi culturali, di classe e, perché no, di salute, dirò subito come, accanto a quella mai domata ‘sindrome dell’impostore’ generatrice di dubbi sull’essere effettivamente meritevole di questo premio bellissimo e inatteso, per l’occasione, ho visto riaffiorare infiniti ricordi.
Ricordi tanto più remoti, quanto più utili a spiegare la genesi della mia attività.
L’origine del mio lavoro affonda le radici nella prima infanzia e si fonda su un’esigenza primaria: quella del guardare, guardare, guardare incessantemente, dal momento in cui la perdita della vista di mia madre mi imponeva di ‘guardare per due’.

Questa grave circostanza avrebbe condizionato la nostra infanzia, comportando una separazione ancora oggi inspiegabile: mio fratello Gianvittorio con la mamma a casa dei nonni materni, io, mio padre e mia sorella Gaia nel villino dei nonni paterni.
Per una bambina ospite di una casa fornita di ricca biblioteca, niente di meglio, per dirla con l’amico Antonio Faeti, che Guardare le figure!

E certamente a Monte Mario le figure non mancavano: cinematografo di immagini intermittenti che si potevano vedere solo una per volta, museo perennemente aperto al quale fare continuo ricorso, pagina dopo pagina, le figure sono state nutrimento di tanti sogni e presagio di ricompensa.
Per una singolare congiunzione astrale, mi sarei trovata a sfogliare simultaneamente opere diversissime fra di loro, per epoca, destinazione, contenuti e immagini.
L’importanza del contributo delle illustrazioni alla mia formazione va ricercato nella varietà e ricchezza di quattro fonti distinte: tre collane editoriali e un periodico romano dell’Ottocento.

Paola Pallottino insieme all’amico Lucio Dalla nel 1971 in una foto di Walter Breveglieri

Ideale nipote del coraggioso risorgimentale «Don Pirlone», il «Don Pirloncino», Roma 1871-1887, era ricco di litografie in nero e a colori, che inondavano le pagine di indecifrabili, quanto inquietanti, metafore iconografiche, alternando politici caricaturali, preti allampanati e donnine scollacciate, in un oscuro intreccio di simboli che mi attirava e mi respingeva insieme…
Anche la più antica delle tre collane: «Viaggi straordinari di Giulio Verne», edita dalla milanese Tipografia Editrice Lombarda, con i suoi grandi volumi in 4°, risaliva agli anni settanta dell’Ottocento, offrendo traduzioni che apparivano quasi in tempo reale rispetto all’edizione francese e illustrazioni ottenute dai galvani delle xilografie originali, forniti dall’editore J. Hetzel insieme ai diritti di traduzione.

I Voyages sono stati il mio primo atlante di geografia terrestre e celeste, con i suoi giri del mondo, i ghiacciai, i deserti, le orografie e le profondità marine, tutte minuziosamente descritte nelle illustrazioni di artisti affascinanti ma, all’epoca, per me indistinguibili, a causa dell’uniformante traduzione xilografica.
Esperti di raffigurazioni storiche, belliche o sociali, nella prevalenza delle illustrazioni documentarie, questi artisti alluderanno esplicitamente ai grandi repertori di scienze naturali: geografia, botanica e zoologia, adottandone e divulgandone le principali convenzioni iconografiche. Mentre nelle illustrazioni fantastiche dei Voyages, potevano dilatare il mondo che conoscevo, in immagini aliene e impressionanti, anticipando quella che sarebbe stata un’altra mia grande passione: la fantascienza!

Oggi so che devo a Henri de Montaut lo stupore di Dalla terra alla luna, ad Alphonse de Neuville l’incanto di Ventimila leghe sotto i mari e a Jules Férat l’eroico incalzare di Michele Strogoff…
E se la società documentata dal bianco e nero delle xilografie dei Voyages si collocava alla fine dell’Ottocento, ben diversa quella, variegata e moderna, presente nelle altre due collane.
A fornire un’esemplare catalogo di modelli iconografici, avrebbe infatti provveduto, dal 1913 e sempre a Milano, la «Biblioteca dei ragazzi» dell’Istituto Editoriale Italiano creato dal geniale Umberto Notari, con una collana di quaranta opere indivisibili suddivise in due serie. La metà dei volumi destinati alla divulgazione e celebrazione delle glorie e dei tesori d’Italia, con foto documentarie, poco mi piacevano se paragonati agli illustratissimi testi letterari e fiabeschi degli altri venti volumi di «sana e amena lettura»!

Tavola di Duilio Cambellotti per Le mille e una notte, Istituto Editoriale Italiano, 1913

Per la prima volta, dalla copertina alla sovraccoperta fino ai risguardi e ai fregi interni, venivano destinati all’infanzia volumi di raffinata veste editoriale che si segnalavano soprattutto per le splendide tavole a colori.
Al capolavoro tardo-Liberty di Duilio Cambellotti, con le sue venti rapinose illustrazioni per i due volumi de Le mille e una notte, si sarebbero alternati l’elegantissimo gusto tra Secessione e déco di Aleardo Terzi per Viceversa di Anstey e il magistero di Gustavino evocante la coeva produzione cartellonistica ne I viaggi di Gulliver. Mentre, alla matura sapienza caricaturale di Enrico Sacchetti saranno affidati tre capolavori universali dell’umorismo: Le astuzie sottilissime di Bertoldo, Le avventure di Tartarino e il Barone di Münchausen.

A ulteriore conferma della varietà stilistica complessiva offerta dalla collana, vanno inoltre ricordate le magnifiche illustrazioni di Attilio Mussino, Riccardo Salvadori, Ugo Valeri e, addirittura, Gustave Doré…
Vent’anni dopo, l’antica e longeva casa editrice fiorentina Salani affiancherà alle sue leggendarie collezioni illustrate la terza collana in esame, ovvero la: «Biblioteca dei miei ragazzi».

Mutuata dalla «Bibliothèque de Suzette» della Gautier-Languereau, che comprendeva una serie di appassionanti ‘feuilletton-bambina’, sperimentati a puntate dalla fine degli anni venti sul settimanale cattolico «La semaine de Suzette», la «Biblioteca dei miei ragazzi» apparve nel 1931 alternando ai testi francesi una serie di volumi di autori italiani rivolti ai maschietti, tra i quali una serie a tema fascista, tutti ritirati e sostituiti nel dopoguerra.
Tra le tante fascinazioni, la collana poteva vantare un punto di forza nelle copertine che, con largo anticipo sulle sovraccoperte degli «Omnibus» mondadoriani, esibivano a sorpresa un’unica immagine che si sviluppava sui due piatti e sul dorso.

E se le illustrazioni dei testi di autori italiani, dovute prevalentemente a pittori fiorentini le cui soluzioni grafiche, ad eccezione della memorabile copertina di Fiorenzo Faorzi per Reginella, mi apparivano modeste e senza attrattive, ben diverso era il discorso per l’incantevole déco delle dieci copertine di Maria Augusta Cavalieri. Da La stella di Semplicina a Un Pierrot e tre bambine, da Il carretto dipinto a Il circo Barletta… l’artista avrebbe inaugurato la sua collaborazione alla collana con Otto giorni in una soffitta di di Mad H. Giraud, storia amatissima nel cui svolgimento e nelle cui immagini: bimba in fuga, assenza della mamma e zio sapiente, mi riconoscevo in toto.

Il libro si valeva infatti delle, per me incantevoli, illustrazioni al tratto di Maurice Berty che, come quelle gremite di bambini degli altri illustratori della collana: Ferdinand Raffin, Raymond de la Neziere, Henri Morin, rappresentavano un autentico inno all’infanzia!
In seguito, alle immagini squisitamente laiche delle fonti menzionate, si sarebbero alternate quelle devozionali dell’editoria cattolica, con illustrazioni sdolcinatamente edulcorate di preghiere e leggende, o minacciosamente orrorifiche di castighi e punizioni, a dominare il lato oscuro del mio immaginario infantile.
Più tardi, tra le infinite nuove suggestioni, sarebbero arrivati il «Corriere dei Piccoli», gli «Albi d’Oro», Topolino, Walt Disney, la scoperta dei fumetti…
Così, se mi guardo indietro, oggi posso affermare che il mio intero lavoro è consistito nel lungo ringraziamento che, attraverso l’indefessa battaglia per il completo riconoscimento dell’illustrazione, ha inteso ripagare il debito contratto con quelle immagini fondanti che sono state le mie amatissime figure.

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