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Panzeri (Mdp): «Leu è finita, ora serve un appuntamento pubblico per decidere la nuova via»

Panzeri (Mdp): «Leu è finita, ora serve un appuntamento pubblico per decidere la nuova via»Antonio Panzeri, europarlamentare di Mdp

Intervista L'europarlamentare: il socialismo europeo è da rifondare ma comunque è la nostra casa. E se nel Pd si apre un’altra stagione è saggio misurarsi con questa novità

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 12 ottobre 2018

«Tutti noi evitiamo di parlarne, ma a quanto percepisco tutti pensano che l’esperienza Leu è ormai conclusa». Parole come pietre tombali quelle dell’eurodeputato milanese Antonio Panzeri di Mdp. Lo stallo di Leu dura da mesi, la decisione – presa a maggio – di tenere il congresso fondativo si è impantanata. Inutili le esortazioni del presidente Grasso. Troppo diverse le valutazioni delle due forze in campo, Mdp e Si (Possibile ha già abbandonato). E come sempre il guio dei guai è il rapporto con il Pd. Tre giorni fa la direzione di Sinistra italiana si muove e dà mandato al segretario Fratoianni di «avanzare immediatamente una proposta a Leu»: o va avanti o si cerca un’altra strada per «uno spazio politico alternativo al governo e al Pd», verso «una confluenza in vista delle elezioni europee».

Leu è finita ma non riesce a ammetterlo pubblicamente?

Quando c’è una lunga assenza dalla scena politica, il problema non sono solo i militanti confusi ma anche l’indifferenza dell’opinione pubblica.

È stato l’insuccesso al voto a determinare il collasso del progetto di Leu?

Non solo. Decisive sono state le profonde differenze su punti sostanziali: l’idea che abbiamo di Europa, la collocazione nella famiglia politica e i rapporti con il Pd. Tutti nodi che dovevamo sciogliere nei mesi scorsi, in modo da aprire un processo fondativo serio e radicato su fondamenta condivise e una cultura politica comune. Non è andata così. Ma a questo punto immaginare di ripresentarsi senza cambiare rispetto al 4 marzo, togliendo Leu dalla naftalina per le europee, penso che non sarebbe comprensibile neanche per i militanti.

Andiamo per ordine. Sinistra italiana vuole costruire un fronte alternativo alla famiglia socialista. Mdp, se rieletta, resterebbe in S&D?

La scelta europeista non può essere messa in discussione, nessuna ambiguità su moderni e tardosovranismi. Certo, serve un’Europa profondamente cambiata nei trattati e nelle modalità di decisione, e nei processi fiscali economici e sociali, insomma va rilanciato un progetto europeo ex novo. Quanto ai socialisti, in questa fase mostrano tutte le loro contraddizioni. In questi anni si è creata una spaccatura tra chi riteneva che di fronte al processo di globalizzazione il welfare avrebbe comunque retto (ipotesi smentita dai fatti) e chi ha cavalcato la turbo-globalizzazione non realizzando che, senza un giusto governo, avrebbe portato a profonde fratture sociali. Serve una profonda riorganizzazione del socialismo europeo, ma nonostante tutto è quello che per me rispecchia di più casa.

Farete la lista con il Pd?

Allo stato è difficile che si possano determinare queste condizioni. Anche perché non sappiamo che esito avrà quella discussione interna. Molti di noi si sono allontanati dal Pd perché non c’erano più le condizioni politiche per rimanere. Se il quadro dovesse modificarsi vedremo. Però una discussione sul Pd è essenziale. Fra noi c’è chi ritiene che, a prescindere dai processi aperti nel partito, non ci siano le condizioni per fare pezzi di strada; ma anche chi, come me, ritiene che chi fa politica debba guardare ai processi reali. Se in quel partito si aprisse una nuova stagione, mostreremmo una scarsa saggezza politica non misurarsi con una nuova situazione.

Il segretario Martina ha già indicato l’olandese Timmermans alla presidenza della commissione. Renzi invece insiste sulla lista «da Macron a Tsipras».

Chi lancia questa suggestione non fa i conti con la realtà. È difficile immaginare di creare un fronte transazionale, difficile accantonare gli attriti all’interno dei singoli paesi tra Tsipras e il Pasok, o tra Sanchez e Ciudadanos e così via.

A questo punto il gruppo parlamentare di Leu, i 18 eletti, si dividerà?

Gli eletti sotto il nome Leu condividono gli obiettivi del programma con cui si sono presentati e il desiderio di offrire un’alternativa di sinistra alla politica italiana. Nonostante la difficile situazione, questo non è cambiato. Ma serve coraggio per aprire una riflessione per capire perché il progetto Leu non ha ricevuto il consenso aspettato e perché l’idea si è arenata. Non fare questa riflessione significa consegnare all’anonimato un pezzo della sinistra italiana. La mia opinione è che serve un appuntamento politico nelle prossime settimane per decidere la via da seguire. Trascinare la situazione attuale sarebbe un suicidio politico, nemmeno assistito.

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