Pantaleo, Flc-Cgil: «Il job act? Iniziamo cambiando il welfare»
Lavoro «In Parlamento ci sono le proposte di Sel, Pd e 5 Stelle: oggi è possibile trovare una sintesi»
Lavoro «In Parlamento ci sono le proposte di Sel, Pd e 5 Stelle: oggi è possibile trovare una sintesi»
La federazione dei lavoratori della conoscenza (Flc), il sindacato scuola e università della Cgil, viene considerata con la Fiom di Maurizio Landini lo zoccolo duro della sinistra a Corso Italia. Il segretario generale Domenico Pantaleo è il primo firmatario di un emendamento al documento congressuale sul reddito minimo sottoscritto, tra gli altri, dalla Fiom. Dopo l’intervista di ieri a Repubblica dove Landini apre al segretario del Pd Matteo Renzi sul contratto unico e sulla legge sulla rappresentanza sindacale, chiediamo a Pantaleo se nella sinistra sindacale è in atto un terremoto culturale o si vuole concedere il contratto unico in cambio di una legge sulla rappresentanza e un’altra sul reddito minimo. «Una discussione che affronta solo l’ipotesi di un contratto unico non è soddisfacente se non rientra in una riforma universale del welfare e degli ammortizzatori sociali anche per i settori della conoscenza e non prevede l’istituzione del reddito minimo in Italia, unico paese in Europa con la Grecia a non avere questa misura» premette Pantaleo.
Non crede che il contratto unico, tre anni di prova e libertà di licenziamento in cambio di un risarcimento, sia un modo per moltiplicare la precarietà?
Dobbiamo chiarirci di cosa parliamo. Se la proposta è superare i quarantasei contratti precari esistenti, le false partite iva, tutte le forme anomale di prestazione, allora il contratto unico potrebbe essere utile. Si può demandare ai contratti nazionali di lavoro la possibilità di definire un congruo periodo di prova demandando alla contrattazione la definizione dei tempi.
Per Landini basterebbero quattro contratti: il tempo indeterminato, il determinato, il part time e l’apprendistato. È d’accordo?
Potrebbe essere un’idea, ma bisogna capire cosa ne pensano gli industriali. Da vent’anni le imprese hanno a disposizione un intero supermercato di contratti anomali e oggi abbiamo una delle disoccupazioni più alte d’Europa. Bisogna superare tutti i contratti precari, senza introdurre un altro prodotto sugli scaffali. In questo paese il lavoro è stato ormai ridotto a merce.
Bisogna sospendere l’articolo 18, in cambio della promessa di un’assunzione?
È da escludere. L’articolo 18 è stato già pesantemente manomesso. Non si può nemmeno indebolire ancora la contrattazione nazionale e decentrata come vuole la destra al governo. Bisogna rovesciare la prospettiva e chiarire i presupposti di questo confronto.
In quali termini?
Va creata nuova occupazione e, per farlo, sono necessari nuovi investimenti. Abbiamo bisogno di sperimentare nuovi terreni, nella sostenibilità ambiental
e e sociale. E lo Stato deve tornare a creare direttamente lavoro.
Lei crede che Renzi sia d’accordo con questo ruolo dello Stato?
Io sono una persona modesta, e non sono Renzi, ma vivo girando questo paese dove trovo un desiderio di partecipazione senza sbocchi che non siano i talk show, ma anche persone che non credono più a nulla. Questa situazione mette in crisi la democrazia. Per uscirne lo inviterei ad elaborare una strategia complessiva che vada dall’innalzamento dei livelli di istruzione con l’obbligo scolastico a 18 anni al cambiamento della riforma Fornero sulle pensioni che blocca il turn over o a sbloccare i contratti pubblici fermi al 2006.
È possibile visti gli attuali vincoli di bilancio?
No, ma per questo bisogna mettere in discussione il quadro economico e sociale devastante creato dall’austerità in Italia e in Europa. Se il Pd è una forza di sinistra, lo faccia.
Qualora lo fosse, ritiene che possa farlo con un governo con Alfano o Scelta Civica?
No, assolutamente no. Con un governo come questo è difficile affermare questo progetto. Bisogna mettere in campo una capacità di mobilitazione, alleanze sociali e politiche. La Cgil, come sindacato di massa, deve esserci.
Renzi vi critica perché tutelate solo una parte dei lavoratori, quelli dipendenti, invece dei non garantiti.
Nella discussione precongressuale noi porremo la questione del ruolo strategico della Cgil. Vogliamo che il sindacato ricomponga il lavoro e il non lavoro e tuteli chi ha i diritti e chi non ce li ha. Noi criticheremo Renzi se non creerà un sistema di welfare e ammortizzatori sociali universali esteso a tutto il mondo del lavoro, ai disoccupati, ai precari e agli inoccupati.
Sul piatto c’è anche la legge sulla rappresentanza. Ma di quale legge stiamo parlando?
C’è un accordo tra i confederali che potrebbe essere un’utile base per una legge. I lavoratori devono votare sulle intese, esercitare una democrazia diretta attraverso le Rsu, le loro decisioni devono vincolare anche i sindacati. È la formula per ritrovare una funzione dei corpi intermedi, come il sindacato e io aggiungo anche i movimenti. Questa è l’alternativa all’uomo solo al comando.
In concreto, che cosa dovrebbe fare secondo lei Renzi per dare un segnale?
Dice che vuole creare un sussidio universale di disoccupazione per due anni. Io rilancio. In Parlamento ci sono le tre proposte di legge Pd, Sel e 5 Stelle sul reddito minimo. Noi stessi ne presentiamo un’altra. Si trovi una sintesi. Oggi è possibile.
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