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Palestinesi oggi alla Cpi, primo passo verso l’incriminazione di Israele

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Territori occupati Il ministro degli esteri Al Maliki avvierà all'ufficio del procuratore della Corte penale internazionale la procedura per l'accertamento di crimini di guerra commessi dai leader politici e militari israeliani. Intanto sale la tensione per la prossima partenza verso Gaza delle navi della Freedom Flotilla

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 25 giugno 2015

Tra le mani questa mattina il ministro degli esteri dell’Autorità nazionale palestinese, Riyad al-Maliki, stringerà un fascicolo colmo di documenti, uno dei più importanti prodotti dai palestinesi nella loro storia recente, senza dubbio il più temuto dal governo israeliano. Al Maliki consegnerà quel fascicolo all’ufficio del procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aia avviando la procedura per l’accertamento di crimini di guerra commessi da Israele, o meglio dai suoi leader politici e militari, nei Territori palestinesi occupati dallo Stato ebraico nel 1967. La richiesta è in tre parti: la prima si concentra sulla colonizzazione ebraica di Cisgiordania e Gerusalemme Est; la seconda sul trattamento dei prigionieri politici palestinesi, la terza sull’offensiva militare israeliana della scorsa estate a Gaza. La questione dei detenuti è tornata in primissimo piano con la protesta di Khader Adnan che da 50 giorni rifiuta il cibo. La Croce Rossa Internazionale descrive le sue condizioni “molto gravi”. Adnan, ora in un ospedale, divenne noto tre anni fa quando portò avanti per 66 giorni un altro sciopero della fame ad oltranza in protesta contro il carcere amministrativo (senza processo) ordinato nei suoi confronti. Ottenne poi la libertà, ma un anno fa è stato recluso di nuovo, in seguito alle retate lanciate da Israele dopo il sequestro in Cisgiordania di tre giovani ebrei.

 

Annunciata a più riprese dall’Anp, prima e dopo l’ingresso della Palestina tra i Paesi che aderiscono alla Cpi, la mossa segna il momento di rottura più profondo tra i palestinesi – in questa occasione i movimenti Hamas e Fatah sono dalla stessa parte – e l’esecutivo guidato da Benyamin Netanyahu. Il premier israeliano considera questa mossa palestinese parte di quella “Intifada diplomatica” che a suo avviso porta avanti da tempo il presidente dell’Anp Abu Mazen. E ha già fatto sapere che le ritorsioni saranno pesanti. I dirigenti palestinesi però insistono. Mustafa Barghouti, uno dei 45 membri del comitato che – sotto la presidenza del capo negoziatore Saeb Erakat, ha elaborato la richiesta di incriminazione di Israele – ha spiegato che il rapporto sul conflitto di Gaza nel 2014, presentato a inizio settimana della Commissione del Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani, ha fornito un altro pilastro all’iniziativa palestinese. «Abbiamo a che fare con diversi tipi di reati – ha detto Barghouti – lo statuto di Roma prevede una vasta gamma di possibilità per una indagine penale. Per noi è importante, in primo luogo, dimostrare che i crimini (di Israele) sono sistematici».

 

La presentazione del file nasce come risposta alla richiesta di informazioni fatta dal procuratore generale della Cpi, Fatou Bensouda. La denuncia copre il periodo dal 13 giugno 2014 al 31 maggio 2015. I casi di alto profilo che saranno evidenziati da Riyad al Maliki includono la decisione di Israele di sviluppare un nuovo insediamento colonico di 2.600 unità abitative a Givat Hamatos, nella zona est di Gerusalemme, la costruzione di altri insediamenti nella Valle del Giordano e l’uccisione dei quattro bambini della famiglia Bakr lo scorso 16 luglio sulla spiaggia di Gaza, durante un attacco israeliano. Bensouda deve decidere se ordinare un esame preliminare e poi un’indagine penale completa nei confronti di alcuni dirigenti politici e comandanti militari israeliani potenzialmente colpevoli. Da parte sua il governo Netanyahu non collabora con Bensouda, sostenendo che la Palestina non è uno Stato e non può avanzare richieste alla Cpi. Il premier israeliano in ogni caso è convinto che le indagini sui crimini di guerra si dimostreranno un boomerang per i palestinesi, in particolare per Hamas.

 

La tensione è tornata a salire in questi giorni, non solo per alcuni atti di violenza, manifestazioni palestinesi disperse da polizia ed esercito e il lancio di un razzo da parte di un gruppo salafita, al quale Israele ha risposto bombardando martedì notte la Striscia di Gaza. Peraltro tra qualche giorno dovrebbero arrivare in vista delle coste di Gaza la “Marianne” e altre due imbarcazioni della Freedom Flotilla. A bordo oltre agli equipaggi ci sono 12 passeggeri, tra i quali il deputato palestinese alla Knesset Basel Ghattas, della Lista Araba Unita. Una presenza che ha scatenato reazioni durissime in Israele. Il deputato è già stato punito con la sospensione e sempre più voci si levano affinchè la Marina israeliana blocchi in maniera decisa la nuova missione della FF, volta a rompere il blocco navale di Gaza.

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