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Palestina, lotta a disoccupazione e incidenti sul lavoro

Palestina, lotta a disoccupazione e incidenti sul lavoro

Primo Maggio Sul lungo percorso che porta alla realizzazione dei diritti dei lavoratori palestinesi c'è anche un progetto italiano per la sicurezza sui cantieri edili

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 1 maggio 2019

Scuote la testa Fadi Aruri. «È un Primo Maggio in agrodolce» ci dice «per i palestinesi resta un giorno importante che unisce la lotta per i diritti dei lavoratori a quella contro l’occupazione israeliana. Ma per me – aggiunge – è anche un giorno di grande frustrazione perché la nuova legge sul lavoro non è stata ancora approvata». Giornalista e attivista nel mondo del lavoro, Arouri è stato uno dei protagonisti delle mobilitazioni popolari per la riforma del Sistema nazionale di sicurezza sociale, l’Inps palestinese nato appena qualche mese fa. «Ovviamente tutti vogliamo avere una pensione, è un diritto sacrosanto – spiega – ma senza la nuova legge sul lavoro, senza l’aumento del salario minimo fermo a 390 dollari, e la certezza che i contributi versati non saranno usati per altri fini e non per le pensioni, dobbiamo restare vigili e continuare a reclamare diritti per ogni lavoratore del settore pubblico e di quello privato». Il giornalista/attivista ricorda che «tutto è così precario sotto occupazione militare israeliana» e che l’Autorità nazionale palestinese «sta affrontando una grave crisi finanziaria e noi vogliamo che i soldi del fondo pensioni siano ancora lì quando i lavoratori raggiungeranno l’età pensionabile».

Arouri, alcuni sindacalisti e attivisti sono ora impegnati ad ottenere l’istituzione di un “tribunale del lavoro” che garantisca la possibilità di presentare un ricorso legale a tutela dei lavoratori nei territori di Cisgiordania e Gaza. E, aggiunge, «abbiamo altre due priorità: la lotta alla disoccupazione galoppante e la fine o almeno una forte riduzione degli incidenti sul lavoro». Il tasso di disoccupazione in Palestina ha raggiunto nel 2018, il 31% della forza lavoro rispetto al 28% nel 2017. In un anno il numero dei disoccupati è aumentato da 377.000 a 426.000 secondo i dati diffusi dall’Ufficio centrale di statistica palestinese (PCBS) in occasione del Primo Maggio. La disoccupazione è leggermente diminuita in Cisgiordania mentre a Gaza ha toccato il 52% rispetto al 44% del 2017. Inoltre il 44% dei giovani palestinesi tra i 19 e i 29 anni non ha un lavoro e tra questi il 58% sono laureati. Il salario giornaliero medio nel settore privato è di 70 shekel (17 euro, con le punte minime a Gaza). Paghe da fame alle quali riescono a sfuggire gli oltre 100mila manovali palestinesi che entrano quotidianamente in Israele dopo aver affrontato, tutte le mattine, controlli molto severi.

Non pochi manovali a sera, dopo il lavoro in Israele o in Cisgiordania e Gaza, non fanno ritorno a casa. «Gli incidenti, soprattutto nei cantieri edili, che si concludono con la morte o il ferimento grave del lavoratore purtroppo sono molto frequenti», ci dice Moreno Capitalini, uno dei responsabili del progetto italiano per la sicurezza sul lavoro in Palestina partito un anno fa grazie a un finanziamento dell’Agenzia governativa italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) e alla collaborazione del comune di Gubbio. «A marzo – prosegue Caporalini – abbiamo inaugurato a Ramallah la sede del centro per la formazione e la sicurezza nelle costruzioni, un settore fondamentale che contribuisce per il 14% al Pil palestinese».

Ogni anno sono migliaia nei Territori occupati le vittime degli incidenti che si registrano nei cantieri. Nel 2018 sono stati più di cento quelli mortali a causa della inadeguatezza, a dir poco, delle misure di sicurezza adottate dalle imprese a tutela dei lavoratori. «L’apertura del centro per la formazione degli imprenditori edili è importante ma è solo una tappa del percorso che porta alla tutela del lavoratore palestinese», avverte Caporalini.

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