Un mese appena di indagini e tre arresti che scuotono Palermo alla vigilia delle elezioni comunali. A finire in manette sono stati il candidato consigliere di Forza Italia Pietro Polizzi, il costruttore Agostino Sansone e il suo factotum Gaetano Porretto. Il reato contestato a tutti è il 416-ter, lo scambio elettorale politico mafioso.

Il patto tra Polizzi e i costruttori Sansone (storicamente vicini a Totò Riina, che ospitarono in una delle loro ville durante la latitanza) emergerebbe da una gran quantità di intercettazioni ottenute attraverso l’installazione di un trojan nel telefonino del boss. È così che, in una conversazione avvenuta lo scorso 10 maggio, il Gip di Palermo ritiene ci siano «direttamente e immediatamente tutti gli elementi del fatto penalmente rilevante». Il dialogo incriminato, ascoltato in diretta dagli investigatori, sarebbe avvenuto nell’ufficio politico dell’aspirante consigliere di Fi: «Se sono potente io, siete potenti voi altri», dice Polizzi. E ancora, sussurrando: «Nel senso che ce la facciamo! Perché con mio zio … Eusebio ho fatto un sacco di cose ‘duoco’ (lì, ndr) all’Ast, quando hai bisogno all’Ast… Il contratto… La moglie è quindi… candidata di Miccichè». Frasi che nella sua ordinanza il Gip così commenta: «Il candidato Polizzi, ben consapevole dello spessore mafioso dell’anziano uomo d’onore che aveva di fronte, proseguiva affermando di essere fiducioso di poter ottenere un successo elettorale anche in ragione del consenso ottenuto con l’aiuto di Eusebio Dalì (vicedirettore dell’Azienda Sicilia Trasporti), la cui moglie, Adelaide Mazzarino, è candidata in tandem proprio con l’indagato». Alla fine della conversazione è il factotum Porretto rassicurare Polizzi: «Pietro, tutto il possibile! Tranquillo!».

Il caso deflagra quando siamo ormai al rettilineo finale di una campagna elettorale che vede il candidato della destra, Roberto Lagalla, favoritissimo. Lo sfidante di centrosinistra Franco Miceli va all’attacco: «Nessuno si dica sorpreso, l’ambiguità di Lagalla oggi si manifesta. Il re, come si dice, è nudo». Dal canto suo, Lagalla prova a gestire il momento di difficoltà elogiando gli investigatori e la loro celerità. «La mafia e le sue ramificazioni stiano lontane della mia porta», aggiunge. E mentre Miccichè sostiene che il caso Polizzi sia un suo errore «commesso certamente in buona fede» e che Fi si costituirà parte civile al processo, Adelaide Mazzarino ha annunciato il ritiro della sua candidatura. «L’ho sentita stamattina, era in lacrime…», così almeno dice Miccichè.