Politica

Don Zerai: «Paghiamo quindici anni di politiche europee criminali»

Intervista Don Mussie Zerai, fondatore dell'Agenzia Abeshia

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 24 aprile 2015

L’ennesima tragedia nel Mediterraneo è il risultato di una guerra che nessun governo europeo vuole davvero fermare. Non è una provocazione ma la posizione argomentata di Don Zerai, sacerdote eritreo, fondatore dell’agenzia Habeshia e candidato al premio Nobel per la pace. Le parole di Don Zerai sono un j’accuse all’Europa e ai suoi governi, responsabili di politiche migratorie criminali.

Don Zerai, lei ha parlato di una «guerra criminale» da parte dell’Unione europea. Un’accusa molto dura.

Negli ultimi quindici anni siamo passati di tragedia in tragedia e non è mai cambiato nulla. L’Europa preferisce guardare da un’altra parte; finanzia con miliardi di euro l’acquisto di armi e così decide di accontentare la lobby della politica securitaria; di contro dice di non avere i soldi per rifinanziare Mare nostrum. Qui sta la dichiarazione di guerra contro i migranti e i profughi. Lasciarli morire in mare è solo un modo passivo di combattere una guerra che non si vuole dichiarare; questo significa fare scelte politiche criminali. A questa Europa non gliene frega nulla di proteggere i profughi.

È un’Europa che ha tradito la sua storia e reso il Mediterraneo un confine militare e un cimitero.

L’Europa, negli ultimi quindici anni, non ha fatto altro che alzare le barricate favorendo i trafficanti. E più si chiudevano le porte, più i trafficanti guadagnavano soldi. Se davvero voleva combattere i trafficanti doveva aprire gli accessi legali. Perché l’Europa e l’Onu non vanno a pacificare la Somalia o a risolvere il problema del confine tra Etiopia ed Eritrea? perché non agiscono affinché dittatori come Afewerki, o Al-Bashir, lascino il potere avviando un vero processo di democratizzazione? Se ci sono Stati falliti e anzi causa dell’esodo, come l’Eritrea, Somalia, Sudan, Mali, Repubblica Centroafricana, deve intervenire l’Onu per garantire protezione a quelle popolazioni.

Frontex è stata presentata come un’agenzia capace di rispondere adeguatamente al problema degli sbarchi. Il risultato è stato invece pessimo.

Frontex è figlia delle politiche securitarie della Fortezza Europa per difendere quel poco di benessere che resta nel Vecchio Continente, fregandosene di ciò che accade fuori dai propri confini. Frontex è nata da questa mentalità e con questo compito. Nel 2013 ci dicevano che non ci sarebbero più dovute essere tragedie nel Mediterraneo come quella di Lampedusa. Eppure nel 2014 ci sono stati più di 3600 morti, mentre nel 2015 siamo già a quota 1700. È una presa in giro.

In Italia, molte forze politiche e lo stesso ministro dell’Interno, Alfano, propongono di affondare i barconi. Cosa pensa di questa proposta?

Voglio capire come vogliono procedere. Cosa significa affondare i barconi? Affondarli prima che la gente salga a bordo significa, sia chiaro, dichiarare guerra alla Libia. Per affondare quei barconi si deve entrare nel territorio libico e si può fare su autorizzazione dal governo libico, oppure in modo illegittimo. Nel primo caso mi domando: essere autorizzati da quale governo? Da quello di Tobruk? Quel governo non controlla nulla, può mai autorizzare un’operazione del genere? Nel secondo caso devi entrare in conflitto con chi controlla quel territorio. Questo equivale ad una dichiarazione di guerra. Chi fa queste dichiarazioni parla solo per dare fiato alla bocca.

Quali sono le proposte per evitare il perpetuarsi di questa guerra criminale contro i profughi?

Esistono almeno tre proposte. In primis, andare alle radici del problema, ossia nei paesi di origine e risolvere le cause della migrazione forzata. È un progetto di lungo periodo ma bisogna iniziare. Secondo poi è necessario proteggere i migranti forzati nei paesi di transito. Quando un eritreo scappa va in Sudan o in Etiopia ed è lì che si devono realizzare condizioni di vivibilità. Infine, avere un programma europeo di reinsediamento, come avviene negli Stati Uniti o in Canada, per un numero considerevole di persone riconosciute dall’Unhcr bisognose di protezione internazionale da ricondurre legalmente verso il paese che può offrire loro accoglienza e asilo. Sono proposte inascoltate dall’Europa, mentre ai suoi confini migliaia di profughi sono mercanteggiati con la complicità di apparati statali e gruppi criminali.

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