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Pabst, un tedesco in Italia

Jazz Track Il 2 dicembre la rassegna Striscia di terra feconda sarà alla romana Casa del Jazz con un recital sulle canzoni dell’autrice francese Barbara. Ad animarlo David Riondino e Sara Jane […]

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 25 novembre 2023

Il 2 dicembre la rassegna Striscia di terra feconda sarà alla romana Casa del Jazz con un recital sulle canzoni dell’autrice francese Barbara. Ad animarlo David Riondino e Sara Jane Ceccarelli (voce), Paolo Ceccarelli (chitarra) e Christian Pabst (piano e tastiere). Pabst (39enne pianista e compositore tedesco, docente per anni al conservatorio di Amsterdam, oggi in quello di Saarbrücken, in Germania) è un raro esempio di artista europeo domiciliatosi in Italia. Spesso avviene il contrario: Christian Pabst nel 2020, durante la pandemia, si è trasferito a Perugia. La recente uscita dell’ultimo, pregevole album The Palm Tree Line lo vede guidare un brillante trio con Francesco Pierotti (contrabbasso) e Lorenzo Brilli (batteria). Da Days of Infinity (2011, ospite il trombettista inglese Gerard Presencer) sono trascorsi 12 anni e altri tre album: Song of Opposites (2014; trio ed ensemble di archi, fiati e voce), Inner Voice (2018; trio), Balbec (2021; ancora in trio). Nel 2022 il pianista ha inciso nel 4tet di Giovanni Benvenuti An Hour of Existence. Nel policromo The Palm Tree Line Pabst rinuncia quasi del tutto alle proprie composizioni, dominanti nei precedenti lavori (eccezione il coloristico Tramonto). Interpreta, invece, un originale songbook, caratterizzato dal riferimento alla zona dove crescono le palme, piante la cui vista da piccolo lo allietava e lo faceva sognare, quando «le vacanze con la mia famiglia avevano sempre direzione sud Europa, alla ricerca del sole e del caldo». Nessuna visione esotizzante, però: i Sud esplorati nei sette brani hanno differenti caratteristiche. Si parte da una trascinante versione di Mambo di L. Bernstein in cui ritmo e interplay dominano; a seguire un rotiano Amarcord arrangiato/armonizzato con originalità. Si carica di epos drammatico, con tratti coltraniani, Amara terra mia, impreziosito dal canto di Ilaria Forciniti e dall’accordeon di Federico Gili. È il trio, inteso in senso paritario-relazionale, a dominare nei brani con una continua e personalizzante elaborazione dei materiali – a livello ritmico-timbrico- melodico – che richiama, come modello remoto, i gruppi di Ahmad Jamal (si senta l’esuberante Alhambra). Così le pagine scelte (da Trovajoli a Lecuona) diventano nuovi standard, palestra per la personalità di un pianista- arrangiatore dal suono luminoso e dal linguaggio innovativo, ricco di memoria quanto pienamente contemporaneo.

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