Oxfam: «Tassare i miliardari, servirà un impegno globale»
Intervista Il policy advisor di Oxfam Italia Misha Maslennikov: «La ricchezza dell’1% più facoltoso del pianeta è cresciuta di 42 mila miliardi di dollari negli ultimi 10 anni, ma le tasse per i più ricchi sono ai minimi storici. Dipende dalla volontà politica dei governi del G20, ma non è possibile mantenere le ingiustizie»
Intervista Il policy advisor di Oxfam Italia Misha Maslennikov: «La ricchezza dell’1% più facoltoso del pianeta è cresciuta di 42 mila miliardi di dollari negli ultimi 10 anni, ma le tasse per i più ricchi sono ai minimi storici. Dipende dalla volontà politica dei governi del G20, ma non è possibile mantenere le ingiustizie»
Misha Maslennikov, policy advisor di Oxfam Italia, in occasione del G20 Finanze in corso in Brasile avete rilanciato la richiesta di tassare gli ultra ricchi. Il ministro delle Finanze brasiliano, Fernando Haddad ha detto che potrebbe esserci un «primo passo». Da cosa dipende?
È una questione di volontà politica e auspichiamo che a livello G20 prevalga la volontà di avvallare la proposta brasiliana di definire misure coordinate di tassazione degli ultra-ricchi invece di mantenere l’attuale iniquo status quo. Ci aspettiamo una seria inversione di rotta, a partire da una presa d’atto pubblica di quanto poco gli individui più facoltosi contribuiscano oggi al finanziamento dei beni pubblici in proporzione alla propria ricchezza.
Basta una presa d’atto?
No, a questa dovrebbero seguire impegni concreti per una maggiore cooperazione internazionale in ambito fiscale in continuità con il processo di riforma della fiscalità delle grandi multinazionali.
In che modo?
Il percorso dovrebbe prevedere il rafforzamento dello scambio di informazioni tra le autorità fiscali come avviene già oggi per i conti correnti. Lo scopo è ricostruire i patrimoni individuali globali e i redditi personali di fonte estera. Andrebbe prevista l’eliminazione dei regimi fiscali preferenziali per le persone fisiche. In Italia andrebbe escluso il regime opzionale per i neo residenti introdotto per attrarre i ricchi d’oltreconfine.
E poi?
Serve una lotta alla concorrenza fiscale dannosa in materia di tassazione degli individui. Il cammino è indubbiamente più tortuoso, ma bisogna anche arrivare a un accordo su uno standard globale che garantisca una più equa e progressiva tassazione degli ultra ricchi, individuando un menu di misure fiscali cui gli Stati possano ricorrere, nel rispetto dei propri contesti normativi e delle proprie tradizioni fiscali.
Gli Stati Uniti hanno manifestato perplessità su un prelievo fiscale del 2% sui patrimoni dei miliardari. La segretaria al Tesoro Janet Yellen ieri ha sostenuto che ogni paese deve fare da solo. Cosa significa?
L’amministrazione Biden supporta da tempo un’agenda che richiama la campagna #TaxTheRich. Esiste un piano a cui il Congresso non ha dato purtroppo via libera. Il progetto prefigura un incremento della tassazione sui più abbienti. La strada individuata passa per un prelievo più marcato sui redditi finanziari, per chi ne percepisce tanti. È prevista la tassazione delle plusvalenze maturate ma non realizzate. Parliamo delle variazioni in aumento del valore dei grandi patrimoni. Tanto il presidente Biden, quanto la Segretaria Yellen, hanno riconosciuto il valore aggiunto di una discussione multilaterale su questi temi.
Yellen ieri ha però frenato…
Nel recentissimo passato gli Usa si sono mostrati preoccupati da eventuali impegni vincolanti di redistribuzione dei proventi delle misure #TaxTheRich per finalità globali. In campagna elettorale sono difficili da giustificare. La redistribuzione globale non è però all’ordine del giorno. Inoltre Yellen ha chiaramente riconosciuto il valore aggiunto di una discussione globale sulla tassazione degli ultra-ricchi come quella perorata dal Brasile.
L’economista francese Gabriel Zucman ha presentato una proposta di tassazione globale a nome del Brasile. Come dovrebbe funzionare?
La sua proposta rappresenta un possibile standard globale per la tassazione di circa tremila miliardari. Qualora i versamenti fiscali, relativi a imposte sul reddito o patrimonio, di un miliardario non raggiungessero il 2% del valore del suo patrimonio netto, scatterebbe l’obbligo di un’integrazione fino al 2%. Per Zucman e l’Osservatorio Fiscale Europeo questo intervento sarebbe in grado di generare tra 200 e 250 miliardi di dollari all’anno di gettito fiscale. Ulteriori entrate erariali per 100-140 miliardi di dollari all’anno si ricaverebbero se la misura fosse estesa anche ai titolari di ricchezza netta superiore a 100 milioni ma inferiore al miliardo di dollari. La misura produrrebbe, in media, un calo – tutt’altro che insostenibile – del rendimento annuo netto per i miliardari dal 7,2% al 5,5% con limitati impatti avversi sulle scelte di risparmio ed investimento.
Questa tassa non rischia di fare la fine di quella sugli extra-profitti delle banche in Italia? Cioè zero?
Dipende dall’effettività dell’imposta, cioè dal fatto che chi ne è soggetto non possa sfuggire a tassazione. A tal fine Zucman sostiene che è necessario rendere più efficiente l’amministrazione finanziaria, rafforzare la sua capacità di ricevere informazioni sulla consistenza della ricchezza tassata. Serve inoltre rafforzare la cooperazione tra le autorità fiscali e rendere più difficile l’occultamento offshore dei capitali. Vanno previste infine forme robuste di exit taxation in caso di espatri fiscali e altri meccanismi – come l’esistenza di un paese esattore di ultima istanza – che vanifichino la possibilità per un paese di fare da rifugio per i più ricchi.
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