Diego è morto per negligenza da parte di medici, infermieri, che non l’hanno assistito come avrebbero dovuto nella clinica dove poi ha cessato di vivere. Sono otto gli accusati di omicidio colposo per il decesso di Diego Armando Maradona, avvenuto il 25 novembre del 2020, per arresto cardiaco ed edema polmonare. I sospetti di cui si legge da mesi, sostenuti con forza anche dai familiari del fuoriclasse argentino, sono ora divenute accuse formali. Tra chi andrà a processo per la morte di Diego c’è il neurochirurgo Leopoldo Luque, medico personale del Diez, che lo operò per un ematoma al cervello pochi giorni prima del suo decesso. Con Luque finisce davanti ai giudici – l’inchiesta è stata chiusa un mese fa, ancora è da stabilire la data dell’inizio del processo – la psichiatra che aveva in cura Maradona e altri sei medico-sanitari. Rischiano una pena compresa tra cinque e 25 anni.

SONO SERVITI dunque 15 mesi alla giustizia argentina per definire, secondo i pubblici ministeri, un comportamento «negligente e sconsiderato», incrementando i rischi che poi si sono rivelati fatali per Maradona. Dunque, negligenza e imperizia nella fine di uno dei personaggi più amati e controversi della storia dello sport e non solo. E che fa giustizia anche di troppo facili ironie sul suo «stile di vita – droge, consumo di farmaci e alcolici – che hanno segnato la sua carriera. Intanto, il suo mito resiste. Anzi, cresce. Qualche giorno fa la casa d’asta Sotheby’s ha stabilito il prezzo base di 5,2 milioni di dollari per la numero dieci dell’Argentina indossata da Maradona ai Mondiali di Messico 1986 contro gli inglesi, la partita del gol di mano e della rete partendo da centrocampo, seminando cinque avversari e il portiere. Con ogni probabilità sarà battuto il primato di 5,6 milioni di dollari che appartiene a una figurina di Babe Ruth, il fenomeno del baseball americano degli anni Venti.