Otranto, se il centro storico rinasce con il «Laboratorio di quartiere»
Mostre Al Castello Aragonese, una rassegna ripercorre - quarant'anni dopo - l'esperienza di «urbanistica condivisa» che riqualificò la cittadina con la collaborazione dello studio di Renzo Piano e dei suoi abitanti
Mostre Al Castello Aragonese, una rassegna ripercorre - quarant'anni dopo - l'esperienza di «urbanistica condivisa» che riqualificò la cittadina con la collaborazione dello studio di Renzo Piano e dei suoi abitanti
A distanza di un quarantennio dalla sperimentazione a Otranto del «Laboratorio di quartiere» da parte del gruppo progettuale di Renzo Piano, è in corso nella città idruntina una mostra che richiama quella vicenda, considerata un punto di partenza nel campo del risanamento e recupero dei centri storici. Per Otranto rappresentò l’avvio della ripresa (culturale e commerciale) del suo centro storico, arroccato attorno alla basilica medievale e racchiuso dalle alte mura urbiche lambite dal mare Adriatico, favorendone peraltro il definitivo decollo turistico.
Promossa da comune di Otranto, polo biblio-museale di Lecce e fondazione Renzo Piano, la rassegna (visitabile fino al 9 settembre) è allestita nelle sale del Castello aragonese con le raccolte del materiale originale (disegni, filmati, studi preparatori, documenti tecnici) proveniente da quella esperienza progettuale.
Che cosa ha significato l’espressione «laboratorio di quartiere» nell’ambito degli interventi di trasformazione del tessuto urbano e, nello specifico, della progettazione per la riqualificazione dei centri storici nel nostro paese? Per avere un quadro conoscitivo limitato agli aspetti essenziali è necessario partire dai primi anni 70, allorché si poté assistere a una repentina crescita dell’attività espositiva che aveva per oggetto l’immagine del territorio e della città, indagati attraverso le discipline collegate dell’urbanistica e dell’architettura. Una tipologia espositiva che tendeva a modificarsi e a innovarsi. Si riversava all’aperto, nelle piazze, coinvolgendo in prima persona i cittadini negli interventi manutentivi che la stessa periodicamente richiedeva. L’esperienza inedita del Laboratorio di quartiere – che inglobava le nuove tecniche di analisi e rappresentazione dei fenomeni urbani direttamente nel luogo dove si rendeva necessario il risanamento abitativo di un insieme di fabbricati – si collocava proprio in questa tendenza.
L’ESPERIMENTO PARTÌ nel centro storico di Otranto nel giugno 1979 (sopravvivono nello scorrere dei secoli pregevoli centri storici di cittadine del Salento e dell’intero Sud, sconosciuti e dimenticati, che non hanno un passato attraversato dalla Storia come nel caso di Otranto), con patrocinio e fondi di Unesco e Cnr. Ad ispirarlo fu il gruppo «Piano & Rice & Associati» che faceva capo a un ancor giovane architetto genovese, Renzo Piano, già noto per aver progettato, all’inizio del decennio, con l’inglese Richard Rogers e altri il centro culturale Beaubourg di Parigi. Sul campo, c’era l’impresa edile pugliese Dioguardi, mentre la documentazione fotografica era curata dal versatile Gianni Berengo Gardin. Precondizione generale per dar vita al Laboratorio di quartiere, volto al recupero dei centri storici e dei quartieri di vecchia costruzione, era il relazionarsi in modo costante dei progettisti con la cittadinanza attiva per mezzo di un’informazione che fornisse ragguagli puntuali delle fasi attuative dell’intervento.
IL RISANAMENTO ABITATIVO di Otranto, attraverso il cantiere permanente, procederà come una normale attività manutentiva da parte della comunità, portando alla rigenerazione integrale un centro storico dimensionato quanto un quartiere. Parallelamente, si avvierà una ricognizione delle antiche arterie urbane per una progressiva, e definitiva, chiusura al traffico veicolare. Nella piazza centrale, che sovrasta i muraglioni, fu innalzato il tendone da circo della cultura, con accessi liberi da ogni direzione. Al di sotto, era collocato il «cubo magico», una sorta di scatolone le cui facce fungevano da mezzo della comunicazione visiva di livello urbanistico. Ciascuna delle facce, infatti, era una pagina informativa: analisi, documentazione, progetto aperto, lavoro e costruzione. Sarà proprio il settore della comunicazione visiva a farsi carico della rappresentazione del territorio. Il cielo estivo di Otranto, durante il periodo dei lavori, era anche traversato da un pallone aerostatico che sorvolava città e mare per le riprese fotogrammetriche d’integrazione al progetto.
RENZO PIANO coniò così la figura dell’architetto-artigiano, equiparando il Laboratorio di quartiere alla scuola-bottega pubblica, fruibile, soprattutto dai giovani del luogo. L’architetto svolgeva una funzione di consulenza e di appoggio agli abitanti i quali, appresi i rudimenti dopo la chiusura della struttura ideata da Piano, si predisporranno ai lavori manutentivi ordinari delle loro case. Al contempo, cominciò a assumere forma l’assemblea di quartiere per dibattere le proposte più calzanti e intervenire con giustezza nelle diverse aree, affrontando collegialmente le problematiche che – come in un qualsiasi ambito privato o collettivo – affioravano inevitabili. Il Laboratorio aveva una durata che variava a seconda delle cognizioni basilari acquisite via via dai cittadini, prezioso bagaglio tecnico per prevenire con la manutenzione conservativa incombenti situazioni di degrado edilizio.
IL CENTRO STORICO di Otranto comprendente le mura i fossati e il castello, attraverso quel Laboratorio di quartiere (primo caso in Italia), è stato totalmente salvaguardato e valorizzato fino a essere elevato a modello della buona pratica architettonico-urbanistica. Non solo: nell’ambito della ristrutturazione e della comunicazione visiva, finì per essere oggetto di studio su testi di programma nelle facoltà di architettura. Oggi quel centro storico è una rinomata realtà, un formidabile attrattore della città tutta con spiccata vocazione nelle sfaccettature dell’attività culturale e nel turismo.
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