Compositore, produttore, chitarrista, il giapponese Otomo Yoshihide è una delle figure di riferimento per le musiche altre; responsabile di un centinaio di incisioni, è passato in Italia (due date, una a Padova e una Meldola, in provincia di Forlì) per una rara esibizione del suo New Jazz Quintet, attivo dal 1999, che nell’assetto attuale lo vede insieme a Ruike Shinpei alla tromba, Osamu Imagome al trombone, Hiroaki Mizutani al contrabbasso e Yoshigaki Yasuhiro alla batteria.

IL CONCERTO romagnolo è stata una vulcanica esplorazione nella storia del jazz, tra versioni di Song For Che di Charlie Haden e di Lonely Woman di Ornette Coleman. «Il free jazz mi ha ispirato a fare della musica il lavoro della mia vita. Free jazz giapponese e free jazz classico americano sono uno dei miei punti di partenza». Responsabile di oltre settanta colonne sonore, a suo agio anche con cinema e arte visiva, terrorista sonoro con Ground Zero e con i suoi set all’arma bianca per giradischi, da sempre attraversa generi e esplora mondi diversi: «Non mi piace il modo di pensare fondamentalista e penso che il Giappone sia dominato da una mentalità tendenzialmente ottusa. Per quanto mi riguarda cerco di pensare a cosa significhi essere diversi. Mi interessa capire cosa è possibile fare perché il mondo non vada in guerra e per eliminare la discriminazione». Proprio per questo negli ultimi anni ha organizzato gruppi di improvvisazione con musicisti e non utilizzando il metodo della conduction e gli sono stati commissionati progetti con bambini disabili. Anche in questi contesti è stato sempre animato dall’intento di oltrepassare ogni tipo di barriera:« Non penso davvero al background a cui appartengo. Mi piace credere piuttosto che differenti tipi di musica siano come lingue diverse, e se puoi parlare un po’ di una lingua, puoi comunicare. È noioso pensare che devi essere madrelingua per far parte di una comunità, anche se naturalmente è importante sapere quale lingua si parla: è questo questo che si avvicina a ciò che veramente significa la tradizione».

PARTE di una generazione di rumoristi creativi come Merzbow e Keiji Haino e allievo e poi collaboratore del chitarrista Masayuki Takayanagi, maestro della scena jazz nipponica più estrema, Yoshihide segue con attenzione quanto accade nel paese del Sol Levante: «Consiglio di prestare attenzione all’art-pop di Manami Kakudo, al sassofonista Kei Matsumaru e alla vocalist Ami Yamazaki». Tra i tanti lavori composti e progetti in cui è coinvolto ne vanno segnalati due: Project Fukushima!, nato con l’obiettivo di diffondere nel mondo un’immagine positiva della città colpita dal disastro, partendo da un festival ospitato proprio lì, e la colonna sonora della serie tv Amachan, che gli ha portato soldi e successo in patria: «Grazie al successo di Asachan, la mia vita è diventata un po’ più semplice. Dopo aver speso così tanti soldi nel Project Fukushima!, è stato di grande aiuto sia dal punto di vista economico sia perché sono diventato un po’ più conosciuto. A breve è prevista la pubblicazione di un libro documentario».