Ostermeier e quel viaggio politico nel populismo
A teatro Arriva a Romaeuropa la versione italiana di uno dei tre titoli de la trilogia che il regista tedesco ha dedicato alla Schaubühne berlinese, «Ritorno a Reims»
A teatro Arriva a Romaeuropa la versione italiana di uno dei tre titoli de la trilogia che il regista tedesco ha dedicato alla Schaubühne berlinese, «Ritorno a Reims»
Arriva a Roma la versione italiana di uno dei tre titoli de la trilogia che Thomas Ostermeier ha dedicato, alla Schaubühne berlinese che dirige, al ritorno montante della destra in Europa. Questa è la versione italiana (prodotta dal Piccolo di Milano e diretta dallo stesso regista) di un testo dello scrittore francese Didier Eribon, Ritorno a Reims (ancora stasera alla sala Petrassi dell’Auditorium). Lo stesso regista col suo fido dramaturg Florian Borchmeyer vi hanno lavorato dopo altre nelle diverse lingue europee, visto che il populismo galoppa in tutto il continente.
L’ABITO DRAMMATURGICO dello spettacolo è quello di una registrazione, nell’apposito studio, del commento a un film che segue il percorso del «romanzo-saggio». Un ritorno a casa del protagonista, nella periferia della città dello champagne, dove è cresciuto in una famiglia operaia, e casa più che modesta, dove la madre comprensiva non riesce a rendere più tollerabile il padre beone e manesco. Una famiglia operaia e ovviamente di sinistra, dai valori identificati nel Pcf. Alla morte del padre, da cui era fuggito per non dover mostrare di essere gay, il protagonista non era andato neanche al funerale. Salvo poi pentirsene, alla fine del racconto biografico, sempre più incredulo che la fede di una intera umanità sia passata dal comunismo alla destra, poiché la sinistra, nelle sue gerarchie politiche e culturali, non ha preservato che le proprie illusioni e la propria sopravvivenza, mentre i suoi fondamenti venivano falcidiati dai mutamenti epocali, economici e sociali prima ancora che «politici». Una indagine utile oltre che interessante, nel solco che Ostermeier ha tracciato a Berlino sull’intero ‘900, passando per Il professor Bernhard di Schnitzler e per la Notte italiana di Horvath.
LA CONTEMPORANEITÀ, si sa, è sempre prematura da affrontare, così nella versione italiana, la coscienza antifascista non può essere rappresentata dalle facce ricorrenti di Marine Le Pen e di Salvini, o dagli slogan contro Berlusconi scanditi dal pubblico in coro. Peccato, perché la macchina narrativa vede in scena un’attrice come Sonia Bergamasco (sempre brava) registrare il sonoro del racconto filmato di Eribon, sotto la direzione di un regista frettoloso (anche lui bravo e simpatico, Rosario Lisma) e con la regia tecnica di un irresistibile Tommy Kuti. Ma nonostante le ingenuità, il Ritorno a Reims può rappresentare una buona esperienza, per chi si lasciasse convincere a intraprenderlo in proprio.
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