Ha appena festeggiato settanta anni il contrabbassista e compositore afroamericano William Parker. Nella sua copiosa e differenziata produzione che va dal solo ai grandi organici questo trio rappresenta una novità essendo formato con il batterista Gerald Cleaver e la chitarrista Ava Mendoza. Proprio la presenza di quest’ultima ne costituisce una delle ragioni di interesse. Cresciuta artisticamente in California e poi trasferitasi a New York, la trentanovenne musicista sfoggia uno stile chitarristico che pesca allo stesso modo dal post-rock e dal free jazz, con richiami psichedelici e una predilezione per suoni distorti e saturi. I sei brani dell’album presentano una musica scura, densa e compatta come la piramide Maya ritratta in copertina. Il basso di Parker guida con impassibile tenacia il procedere del trio con poche note di una sostanza granitica lasciando ai compagni il compito di muovere una musica ossessiva, dura e acida; esemplari i quattordici minuti della title-track. Il disco contiene una poesia afrofuturista militante di Parker, artista dal quale non si può prescindere se si vuole conoscere la storia del jazz degli ultimi trent’anni fuori dai velluti dei jazz-club per ricchi.