Arriva a Roma uno spettacolo che ha già girato il gran circuito internazionale dell’off e del fringe, da Edimburgo a Londra a New York, ma questa volta non è del «solito» ragazzo prodigio anglosassone. Echoes (ancora stasera all’Angelo Mai, e domani alle 19 in inglese) è stato scritto da un italiano neanche trentenne, Lorenzo De Liberato, e messo in scena da Stefano Patti che ne è anche interprete con Marco Quaglia, mentre la produzione è 369. Sono «echi» di molti tipi, spesso «incongrui» o spiazzanti, quelli che risuonano sul tavolo ai cui estremi i due personaggi si fronteggiano in un scontro, tra il duello finale e il ping pong, in cui evocano i massimi sistemi e le minime necessità fisiologiche (un morso a una mela, un bicchiere d’acqua). Parlano di oppressione e di rivolta, di stermini da un milione di vittime, di modalità all’apparenza formali ma severe come nel peggior carcere. All’inizio paiono semplicemente un intervistatore e un vendicatore solitario. Ma gradualmente   i ruoli si confondono, forse si rovesciano, su una via d’uscita che sfiora, certo volutamente, il mélo dell’agnizione quasi edipica. Unica intrusione quella della voce femminile, creatura del computer, che fornisce informazioni e custodisce i codici liberatori. Un «fumetto» futuribile, che nella sua apparente vaghezza può suscitare concrete inquietudini.