Osservatorio per Roma: «Una Capitale è di tutti, ma Raggi non lo capisce»
Intervista Parla Stefano Fassina, uno dei promotori del gruppo interparlamentare nato per rimettere la città metropolitana al centro dell’agenda politica. «Nel 2020-21 ricorrono i 150 anni della proclamazione di Roma Capitale eppure ancora è una ’Capitale malamata’, per citare l’ultimo libro di Vittorio Emiliani»
Intervista Parla Stefano Fassina, uno dei promotori del gruppo interparlamentare nato per rimettere la città metropolitana al centro dell’agenda politica. «Nel 2020-21 ricorrono i 150 anni della proclamazione di Roma Capitale eppure ancora è una ’Capitale malamata’, per citare l’ultimo libro di Vittorio Emiliani»
«Ad assetto legislativo invariato e a risorse invariate, chiunque arriverà a governare Roma non potrà fare altro che sbattere contro un muro». Ne è convinto Stefano Fassina, ex viceministro dell’Economia, consigliere comunale e deputato di Leu che, insieme a Riccardo Magi (+Europa), Maurizio Gasparri (FI), Roberto Morassut (Pd) e Fabio Rampelli (FdI), quattro mesi fa ha raccolto l’invito dell’associazione «Per Roma» a dare vita ad un Osservatorio parlamentare cui hanno aderito già una trentina di deputati e senatori romani di ogni parte politica. Ieri, nell’Auletta dei gruppi di Montecitorio, l’Osservatorio ha presentato due mozioni programmatiche in un convegno dal titolo «La Capitale. Inclusione, trasversalità, confronto, partecipazione. Un nuovo progetto per costruire il futuro di Roma».
Onorevole Fassina, perché c’è necessità di questa “fase costituente”? Quale evento ha causato questo bisogno?
L’assetto istituzionale, normativo e finanziario di Roma è insufficiente per poter svolgere le funzioni ordinarie e soprattutto quelle di Capitale. Nel 2020-21 ricorrono i 150 anni della proclamazione di Roma Capitale (celebrazioni, per altro, ancora da approntare) eppure a tuttora Roma è una Capitale malamata, per citare l’ultimo libro di Vittorio Emiliani. La difficoltà a riconoscerle lo status normativo e finanziario ha profonde radici storico culturali. E ancora oggi c’è una parte ampia della classe dirigente italiana, politica, culturale e produttiva, che la percepisce come una sorta di capitale annessa al territorio nazionale. Ne è la prova plastica il fatto che è l’unica capitale che ha avuto bisogno dell’aggettivo qualificativo: nessuno parlerebbe mai di “Parigi capitale” o “Londra capitale”.
Dunque qual è l’obiettivo dell’Osservatorio? Cosa bisogna portare a casa entro le elezioni amministrative del 2021 (se l’attuale sindacatura arriverà a scadenza naturale) per poter pensare davvero di voltare pagina?
Ci sono norme che vanno attuate, come la legge 56/2014 sulle città metropolitane, e lo statuto di Roma Capitale che prevede l’elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano e la trasformazione dei municipi in Comuni a tutti gli effetti. Quest’ultimo è un punto molto importante perché può modificare in meglio l’assetto del territorio. E poi occorrono nuove leggi per dare più poteri al sindaco della città metropolitana, vanno revisionate le norme specifiche in Costituzione e soprattutto servono risorse. Basti pensare che Parigi ha avuto 22,6 miliardi di euro per la rete di metropolitane mentre a Roma sono stati assegnati due anni fa, in via straordinaria, circa 500 milioni di euro, in aggiunta ai circa 200 milioni trasferiti dalla Regione Lazio. Ma addirittura Roma è sotto finanziata anche come Comune ordinario: Milano dispone in bilancio di 3900 euro per ciascun residente, mentre Roma solo di 1900 euro.
Questo da cosa dipende?
Innanzitutto da un reddito pro capite più alto che si ripercuote sull’addizionale Irpef, o sull’Imu e via dicendo. Poi però c’è il capitolo dei trasferimenti pro capite (troppo bassi) che vengono dalla Regione e dallo Stato. Bisogna considerare la particolarità di Roma, che ha circa 2 mila abitanti per chilometro quadrato mentre Milano ne ha circa 6 mila, come Londra. Roma infatti non è cresciuta secondo un piano regolatore ma attraverso l’annessione di insediamenti più o meno abusivi stratificati nel corso dei decenni. Questa particolarità ha un riflesso rilevantissimo sui costi fissi dei servizi a rete, perché la raccolta della spazzatura, o il trasporto pubblico o la manutenzione stradale, sono molto più onerosi per le casse pubbliche in un territorio con una densità di popolazione così bassa. Per questo è importante l’impegno straordinario di un gruppo trasversale di parlamentari di tutti i partiti, per mettere Roma al centro dell’agenda politica e istituzionale.
L’attuazione dello statuto però spetterebbe al Campidoglio. Ma la sindaca Virginia Raggi, che era stata invitata, ieri non ha partecipato al vostro convegno. E neppure il governatore Nicola Zingaretti, peraltro. C’è un problema politico?
Credo ci siano ragioni diverse: il presidente Zingaretti è stato sostituito dall’assessore delle Attività produttive, Paolo Orneli, mentre la sindaca Raggi non è stata sostituita da nessuno. Mi sembra che Raggi non riconosca appieno l’utilità di avere un rapporto stretto e sinergico con il parlamento.
Forse la sindaca non vede l’utilità di un Osservatorio parlamentare?
L’utilità potenziale dell’Osservatorio è evidente, perché il punto politico fondamentale, evidenziato anche nelle mozioni presentate al convegno, è la necessità di aprire un confronto immediato con il governo centrale e con il resto del parlamento. Credo invece che sia un grande errore politico pensare di gestire da sola il rapporto con il governo. D’altronde, anche la scorsa settimana, al consiglio comunale straordinario sulla città metropolitana la giunta Raggi è arrivata con proposte assolutamente minimali, che non affrontano i nodi strutturali. Inoltre, lo statuto non è mai stato attuato perché Raggi non ha alcun interesse per l’elezione diretta del sindaco della città metropolitana e del consiglio, né soprattutto per la trasformazione dei municipi in comuni urbani. Insomma, l’assenza della sindaca Raggi mi pare rifletta una sottovalutazione politica incredibile dei problemi di Roma.
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