Avevamo lasciato Iosonouncane nel 2021 all’album Ira con cui era stato consacrato fra i più originali (e internazionali) interpreti del panorama indipendente italiano. I suoi estimatori l’avevano incontrato nei tre tour che fra il 2021/22 l’avevano portato in tutta la Penisola e in Europa; in ogni caso, con le diverse band che lo accompagnavano, gli spettatori avevano ascoltato brani inediti amalgamati e in continuità con il flusso del concerto. Brani che prima o poi, era immaginabile, sarebbero confluiti in un disco. Ed ecco allora Qui noi cadiamo verso il fondo gelido (Numero Uno/Tanca Records), lp triplo con 18 pezzi, doppio cd, completamente registrato live, due terzi di nuove tracce, Ira, che era stato considerato un album colossal la cui lavorazione era durata 5 anni, è oggi come una stella che non si esaurisce grazie anche a una scia di canzoni con qualcosa – anzi tanto – da dire.L’artista sardo ci offre in definitiva un album privo di «best of», in cui però è concesso di rivederlo mentalmente a chi ha vissuto l’esperienza del concerto, barba e cappuccio dietro a synth e tastiere

OSCURITÀ E ABBANDONO, battiti del mondo, fiume in piena, sangue, archetipi, clamore, evocazione, la sensazione di assistere a una tragedia greca dove la parola è importante come fonte di suono e di movimento: difficile ricomporre l’ondata di impressioni provocata da un suo concerto. Inam, Polvere, Acciaio, Sacramento, sono alcuni dei titoli eseguiti nelle tournée in trio o nei teatri con sette elementi, canzoni lunghe fino a 11 minuti, frutto dell’improvvisazione oculata, della sperimentazione e della incredibile capacità di riprodurre un album orchestrale in un set a volte solo elettronico, come nel caso del primo trio dei concerti del 2021, con Bruno Germano e Amedeo Perri. Quando partono le prime note di pezzi già conosciuti come Ashes o Tanca, vengono annunciati da un leggero sottofondo di applausi e di urla, una scelta poco «live» quella di assecondare quasi niente l’esaltazione del pubblico.

SCELTA CHE RENDE anche in questo caso Iosonouncane in controtendenza e consapevole di ciò che vuole, pure se si tratta di un prodotto normalmente considerato minore in quanto riproduzione di musica dal vivo. L’artista sardo ci offre in definitiva un album privo di «best of», in cui però è concesso di rivederlo mentalmente a chi ha vissuto l’esperienza del concerto, barba e cappuccio dietro a synth e tastiere, trasfigurato dalle luci che impazziscono in chiusura, lui e gli altri che poco a poco lasciano il palco, il pubblico che batte le mani per il bis, inutilmente. Una questione (non solo) di stile, come ogni aspetto di questo lavoro.