«Dall’audizione alla Camera della presidente della commissione di garanzia sugli scioperi Paola Bellocchi emerge un dato chiaro: non sono stati in grado di fornire argomenti solidi per motivare una decisione così grave come limitare il diritto di sciopero il 17 novembre», dice Andrea Orlando, deputato ed ex ministro Pd.

La tesi della commissione è che non si tratti di uno sciopero generale, l’unica forma di protesta che non può subire limitazioni.

Se la condizione per definirlo generale è che tutte le categorie si fermino contemporaneamente, allora si può dire che nella storia repubblicana ci sia stato solo quello del 1948 dopo l’attentato a Togliatti. Ho chiesto alla presidente di farmi altri esempi di scioperi che non hanno avuto articolazioni temporali o di categoria, e non mi ha saputo rispondere e il presidente della commissione, Rizzetto di Fdi, le ha chiesto di mandare una risposta per iscritto sul punto. Il dubbio che ci sia stato un doppio standard, un trattamento di sfavore verso Cgil e Uil, non è stato fugato in alcun modo.

Una vittoria per Salvini.

Lui è andato addirittura oltre le richieste della commissione di garanzia, con una iniziativa che sa di ritorsione verso una mobilitazione che critica la politica economica del governo. La tutela degli utenti è solo un paravento.

C’è mai stato un attacco così forte di un governo a uno sciopero contro la manovra?

Non ricordo un attacco così esplicito al diritto di sciopero, neppure con gli altri governi di centrodestra. Ci sono state critiche alle ragioni delle proteste, mai con argomenti così pretestuosi come il «week end lungo» e altre amenità. Soprattutto non ricordo che l’agitarsi di un ministro abbia mirato a limitare concretamente la protesta. E pensare che nel 2015 Salvini proponeva di bloccare l’Italia per 3 giorni contro il governo Renzi: si vede che non aveva ancora sviluppato questa vena antisindacale e antipopolare.

Questa vicenda cosa insegna alle opposizioni?

Che questa destra reazionaria sta mettendo in discussione un diritto costituzionale come quello di sciopero. Oggi riguarda Cgil e Uil, domani potrà toccare anche altri. Salvini bullizza lavoratori che guadagnano 1200-1300 euro al mese, mentre sugli extraprofitti delle banche hanno fatto rapidamente marcia indietro.

Il centrosinistra sarebbe stato in grado di andare fino in fondo con la tassa sulle banche? Ci sono state pressioni molto forti.

Anche il centrosinistra talvolta si è mostrato eccessivamente sensibile a quel tipo di pressioni. Mi auguro che questa debolezza appartenga al nostro passato e che in futuro saremo in grado di resistere anche alla luce dei grandi squilibri che si sono determinati nell’economia e sui mercati in questi anni. Ricordo però che Draghi aveva varato una tassa sugli extraprofitti delle società energetiche, e Meloni l’ha ridotta subito.

Il ministro Giorgetti ha definito la sua manovra austera ma anche espansiva. E’ d’accordo?

È evidente che è una contraddizione in termini: non è affatto espansiva e questo dato è aggravato dallo stallo sul Pnrr. Le risorse le vanno a prendere nelle solite tasche: non c’è lotta all’evasione, si fa cassa sulle pensioni smentendo le promesse elettorali sul superamento della legge Fornero, si risparmiano le grandi concentrazioni e gli extraprofitti e si colpiscono quelli che non si possono sottrarre. Senza dimenticare i 20 miliardi di privatizzazioni: un disegno molto pericoloso.

Le avete fatte anche voi.

E su questo va fatta autocritica. Però allora si decise di ridurre la presenza dello Stato ai settori strategici, mentre questo governo si prepara a uscire anche da quelli, in un momento di crisi geopolitica in cui altri grandi paesi tornano a investire in settori come trasporti, comunicazione, tecnologie militari e energia. La vicenda Tim dovrebbe avere insegnato che far entrare fondi internazionali nelle reti strategiche è un rischio. E’ curioso che a farlo siano i cosiddetti «sovranisti».

Sabato scorso la piazza del Pd. Schlein ha annunciato l’inizio di una «fase nuova» per l’opposizione. Cosa significa?

Per me vuol dire alzare i toni contro una manovra che ha un carattere antisociale e classista, e che colpisce pezzi di società che avevano creduto nelle destre, come i pensionati del Nord traditi in cambio del modellino del ponte di Messina. Schlein ha parlato di redistribuzione del potere e della ricchezza: questo deve essere il cuore del nostro messaggio, il governo sta facendo l’opposto.

In piazza del Popolo c’erano 5S, Sinistra e Verdi: l’embrione di una coalizione?

La piazza è stata accogliente, persino affettuosa verso gli esponenti degli altri partiti. Il Pd è il perno di ogni possibile coalizione perché è l’unico partito che può essere ospitale con tutti i potenziali alleati: il nostro popolo ha una forte spinta unitaria.

C’è il tema dell’affidabilità di Conte: nella scorsa legislatura vi ha fregato e potrebbe rifarlo.

Serve un passaggio di chiarezza, non c’è dubbio. È importante non concedere vantaggi alla destra. Diciamo anche che l’arrivo al governo di Meloni è stata una fregatura per tutti e che sarebbe inspiegabile regalarle un bis alle regionali del 2024.

In Sardegna voi avete accettato una candidata 5S, in Piemonte loro non ricambiano il favore.

Credo ci sia un interesse di tutti a trovare l’unità anche dove non ci siamo riusciti finora. Credo che anche una candidatura come quella di Todde in Sardegna sia più forte in un quadro complessivo di accordi unitari. In ogni caso, noi proveremo a essere unitari anche per gli altri, in modo che sia chiaro di chi è la responsabilità di eventuali rotture.