Sarah Devlin, collaboratrice scientifica del Guardian, ha scritto un articolo sull’orgasmo femminile prendendo spunto da un film in cui Emma Thompson è un’insegnante vedova che ingaggia un uomo escort per avere il suo primo orgasmo. Secondo Thompson il 15% delle donne non ha mai avuto un orgasmo, cifra ritenuta plausibile dagli esperti. Devlin cita una ricerca di Elisabeth Lloyd dell’Università dell’Indiana.

Su 52000 donne intervistate solo 35% delle eterosessuali hanno avuto sempre o abitualmente un orgasmo vaginale, a confronto con l’80% delle eterosessuali e il 91% delle omosessuali che hanno avuto sempre o abitualmente l’orgasmo senza sesso vaginale, con una combinazione di stimolazione genitale, baciare profondo e sesso orale.

Queste ricerche danno una rappresentazione approssimativa della realtà. Non esistono modalità oggettive di misurare l’orgasmo femminile e la sua profondità. Inoltre, l’orgasmo vaginale e quello clitorideo non sono di per sé separati (e la dissociazione della clitoride dalla vagina produce frustrazione).

Pensare che il coinvolgimento vaginale richieda necessariamente una penetrazione o, viceversa, che la penetrazione non coinvolga la clitoride è semplificare. L’intimità erotica della donna è complessa, connessa ai ritmi della vita nel mondo pure quando è vissuta in solitudine.

Emma Thompson alla presentazione di Good Luck to You, Leo Grande, foto Ap

Nondimeno i dati statistici dell’Università dell’Indiana mostrano un’infelicità sessuale molto diffusa delle donne all’interno della loro relazione erotica con gli uomini (il che non è una cosa buona per le nostre sorti).

La sessualità femminile è ferita, repressa nella sua apertura/esposizione all’alterità dalla società patriarcale e nella penetrazione la diffidenza si fa sentire. La tendenza degli uomini a usare la sessualità come mezzo di affermazione virile o come mezzo privilegiato di scarica delle loro tensioni e il conseguente trattamento abusivo, strumentale delle loro donne, allontana queste ultime dalla disponibilità di darsi senza riserve.

A queste condizioni da sempre scoraggianti l’eros femminile si aggiungono oggi delle nuove. L’identificazione con il mondo di pensare maschile che consente alle donne “in carriera” di riuscire nella competizione con i maschi riduce il loro desiderio.

L’opposizione degli uomini all’emancipazione culturale, professionale e, in parte, politica (ma non ancora erotica ed economica) femminile avvelena la relazione sessuale con sentimenti di rivalità tra gli amanti per lo più latenti, ma fortemente inibenti. La società performante promuove il modello sessuale idraulico dello sfogo maschile e inattiva la profondità del coinvolgimento femminile.

Nel tempo dell’accelerazione che ci misura come ingranaggi che si muovono assai impazziti nel loro alloggio meccanico, mentre si illudono di misurare le ore, i minuti e i secondi, la donna è privata di ciò che ha di più prezioso: la possibilità di sostare nella sua esperienza, per scoprire dentro dì sé l’intensità di tutta la saggezza e sensualità che abitano nel mondo.

Le donne dovrebbero guardarsi dalla tendenza supposta emancipatrice, ma del tutto mistificante, di designare la loro identità a partire dalle apparenze e dai comportamenti. Ciò tende ad appiattire la loro sessualità sull’autoerotismo maschile.

Il fondamento dell’identità della donna è la potenzialità dell’orgasmo (una qualità della sua materia psicocorporea che invano la si cercherà nella biologia o nelle convenzioni sociali). La realizzazione di questa potenzialità è un diritto inalienabile e una condizione necessaria perché la civiltà sopravviva.

L’orgasmo femminile dà materia, forma e direzione allo sguardo con cui l’interiorità, divenuta patrimonio dell’umanità, afferra i panorami e i segreti del mondo. Perciò quando Lloyd dice che l’orgasmo libera dalla tensione e dallo stress, che gli ormoni fanno bene alla pressione e all’umore, ci cadono le braccia.