L’idea di un nuovo centrosinistra o di un campo progressista con i 5 stelle, avanzata con i crismi dell’ufficialità da Nicola Zingaretti in direzione martedì scorso, porta dritti «verso un burrone». In un post su Facebook il capofila dei giovani turchi Matteo Orfini boccia la (proposta) nuova linea del Pd. Che invece è apprezzata dal vicesegretario Orlando e da Franceschini, del resto entrambi teorici dell’accordo con i grillini in tempi ben precedenti al governo giallo-rosso. Linea «sbagliatissima» dunque per il deputato dem, e per di più con conseguenze suicide già in pieno svolgimento: «Non possiamo mettere in discussione le leggi approvate da loro con Salvini. Non possiamo chiedere le dimissioni dei loro catastrofici amministratori ma dobbiamo subire i loro veti e le loro offese ai nostri ben più bravi presidenti di regione», «Non dobbiamo fare proposte troppo forti al governo, sennò lo mandiamo in tensione.

Non dobbiamo lamentarci di scelte populiste e antipolitiche come il taglio dei parlamentari, anzi dobbiamo fingere sia la nostra linea da sempre». Orfini, contrario persino alle scelte del ministro Pd Minniti, chiede un’operazione verità sulle politiche migratorie. «Lo ius culturae non si fa. I decreti sicurezza non si toccano (e piantiamola di dire che basta recepire gli appunti del Colle. Perché ad esempio significherebbe non sfiorare nemmeno il primo dei due aberranti testi)». Un Pd ormai ridotto alla «remissività» e alla «pavidità» in un governo che appare «semplicemente figlio di una operazione di potere fine a se stessa». E così l’alleanza scelta per «non perdere» rischia di aprire le porte «a una sconfitta rovinosa».

L’analisi è inclemente. E ha una conseguenza interna: la nuova linea, spiega Orfini, «avrebbe bisogno di un congresso vero per essere legittimata, dato che nulla di quanto stiamo facendo fu discusso alle passate primarie. Credo di non essere il solo nel Pd a pensarla così». In effetti in questi mesi, dopo l’inversione a U che ha condotto il Pd da «mai con i 5 stelle» al governo con loro, il tema di un nuovo congresso è circolato molto al Nazareno. All’inizio in sordina. I più vicini a Zingaretti, quando hanno smesso di negarlo, hanno immaginato un congresso straordinario, senza primarie, utile a cambiare la piattaforma politica senza cambiare il segretario (che peraltro non avrebbe molto da temere anche dalla riconvocazione dei gazebo).

A chiedere questo passaggio «straordinario» senza cambio di leader anche la corrente di Orlando e di Guerini. Il «congresso straordinario per tesi su proposta del segretario» è fra le proposte da inserire nello statuto, ha annunciato Maurizio Martina alla direzione. Ma da ieri è uscita allo scoperto la richiesta di un congresso vero. Da svolgersi non subito ma comunque presto, dopo la tornata delle elezioni regionali di primavera