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Orfeo a Repubblica fa scattare il domino delle direzioni

Orfeo a Repubblica fa scattare il domino delle direzioniMario Orfeo – LaPresse

Media Gli ultimi due giorni di sciopero segnano la fine dell’era Molinari Adesso si libera la casella del Tg3, i 5 Stelle puntano a Carboni. Contestualmente,dopo le polemiche sui conflitti di interessi, John Elkann lascia la presidenza del gruppo Gedi

Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 4 ottobre 2024

La notizia era nell’aria da più di qualche giorno: dal prossimo lunedì 7 ottobre Mario Orfeo prenderà il posto di Maurizio Molinari alla direzione di Repubblica. Quest’ultimo resterà collaboratore ed editorialista. Secondo fonti aziendali pagherebbe il fatto di non aver gestito la situazione che ha condotto, la scorsa settimana, allo sciopero di due giorni del quotidiano di largo Fochetti. La protesta era stata innescata da quelle che i giornalisti hanno definito «gravi ingerenze nell’attività giornalistica da parte dell’editore, delle aziende a lui riconducibili e di altri soggetti privati avvenuti in occasione dell’Italian Tech Week». In questo modo, l’evento era stato di fatto oscurato contravvenendo agli interessi della proprietà.

IL PUNTO di rottura, dunque, starebbe nei conflitti di interesse di John Elkann. Che non a caso da ieri lascia la presidenza del gruppo Gedi, di cui rimane azionista attraverso Exor, la finanziaria di famiglia. Al suo posto diventa presidente Maurizio Scanavino, che lascia la carica di amministratore delegato a Gabriele Comuzzo.

È INEVITABILE che la sequenza delle successioni dei direttori di Repubblica, della loro storia personale e del modo in cui leggono il mondo, si presti a una lettura che risuona nel contesto culturale e politico del momento. Dopo il passo indietro del fundador Eugenio Scalfari, che proveniva da cultura liberalsocialista, l’oneroso passaggio di testimone era avvenuto a favore di Ezio Mauro, che aveva stile sabaudo e cultura azionista. Poi l’avvento in cabina di regia di Mario Calabresi, proveniente dalla Stampa di Torino, storica testata del gruppo Agnelli. Dopo di lui, nel 2019, Carlo Verdelli, che lascia dopo 15 mesi, in seguito al passaggio di proprietà dai De Benedetti agli Elkann. Poi la reggenza Molinari, anch’egli ex direttore della Stampa. Nei mesi scorsi era stato sfiduciato dalla redazione: la sua gestione aveva fatto discutere soprattutto per la linea in politica estera. Dal 7 ottobre in poi, con l’aggressione terroristica di Hamas e la guerra di Israele contro Gaza, i racconti che trapelavano dalla redazione dicevano di un controllo del direttore su notizie e approfondimenti fattosi asfissiante. Orfeo, dal canto suo, può vantare di essersi formato a Repubblica, dove è stato anche redattore capo centrale prima di diventare direttore prima del Mattino di Napoli e poi del Messaggero. Fino all’approdo in Rai: al vertice del Tg1 e del Tg3 oltre che direttore generale. Viene considerato un mediatore, in politica ma anche nelle faccende redazionali.

LA NOMINA è il tassello che fa scattare il domino. Una catena che affonda fino a viale Mazzini e che investe anche lo scontro all’interno delle forze dell’ex campo largo. Orfeo a questo punto lascia libera la casella del Tg3. Per la quale si fa il nome di Giuseppe Carboni, che a sua volta dirigeva il Tg1 quando Giuseppe Conte era a Palazzo Chigi. Ciò significa che il M5S potrebbe aiutare la destra a raggiungere la maggioranza qualificata che le serve rendere per operativa la nomina di Simona Agnes a presidente Rai. Lamentando l’abbandono di Orfeo, l’esecutivo Usigrai sostiene che è una scelta «da ascrivere anche alla logica della lottizzazione che caratterizza la Rai controllata da governi e partiti. Senza una riforma, un confronto sull’informazione di servizio pubblico e sulle scelte industriali dell’azienda siamo destinati a perdere pezzi e mettere toppe». Il Cdr del Tg3 chiede che la nuova nomina venga sottratta alla logica degli scambi politici: «Pretendiamo che la scelta della nuova direzione sia guidata dal criterio della massima professionalità e autorevolezza, caratteristiche necessarie per guidare un tg che ha una solida e riconosciuta tradizione nel paese. Il Tg3 deve restare, com’è stata in tutti questi anni, una voce libera e critica».

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