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Orbán e Putin: la lunga luna di miele continua

Orbán e Putin: la lunga luna di miele continua

Visegrád e oltre La rubrica sui sovranismi a cura di Massimo Congiu

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 4 febbraio 2022

Lo scorso primo febbraio i contatti diretti avvenuti dal 2010 fra il primo ministro ungherese Viktor Orbán e il presidente russo Vladimir Putin sono arrivati alla loro undicesima edizione. Dal 2010, si diceva, cioè da quando Orbán è tornato al potere. Stavolta l’incontro si è svolto a Mosca ed è stato preceduto e accompagnato dalle critiche dell’opposizione e dalla diffidenza dell’Unione europea. Per di più ha avuto luogo in piena crisi ucraina e l’Ungheria risulta essere l’unico paese dell’Europa centro-orientale ad aver respinto il principio dell’invio di truppe Nato per affrontare la crisi, proposto dal presidente statunitense Biden. Insomma, le autorità del paese non intendono accogliere contingenti atlantici per l’emergenza ucraina in quanto, secondo il ministro della Difesa Tibor Benkő, “attualmente non ci sono minacce e perciò non c’è bisogno di alcun dispiegamento di forze”. Certo, i movimenti Nato nelle vicinanze della Russia hanno sempre avuto il connotato della provocazione, non lo si può negare, ed è più che lecito rimanere per lo meno un po’ perplessi quando Enrico Letta dice che “dobbiamo avere un profilo atlantico”. Quindi spese per armamenti ecc.

Nel caso ungherese si parla di legami con Mosca ai quali il premier danubiano lavora da diverso tempo e che vuole rendere più saldi malgrado una parte del suo paese e l’Ue non gradiscano.

Sappiamo che Putin è per Orbán un modello di gestione efficace di un intero paese. Per dirla tutta e con più precisione, il primo ministro di Budapest vede sé stesso e il presidente russo come modelli da seguire nel senso prima esposto, come esempi di leader di cui il mondo attuale ha bisogno per proteggere i propri connazionali da pericoli esterni e dar loro garanzie. In queste affermazioni c’è tanta propaganda, certo; c’è la retorica del sistema che si prende cura del suo popolo e non lo abbandona agli appetiti e alle insidie di entità esterne: multinazionali, istituzioni internazionali che insieme ai manipolatori del capitale globale vorrebbero colonizzare l’intera Europa.

Questi sono i veri pericoli, per il sistema di Orbán, non di certo la Russia di Putin che oggi, secondo il governo ungherese, viene demonizzata strumentalmente dall’Ue e da chi per essa. A parlare non è certo un campione di democrazia, stesso discorso per il capo del Cremlino. In questa difesa della propria scelta, la diplomazia ungherese, guidata dall’instancabile ministro Péter Szijjártó, ha parlato di isteria occidentale in riferimento alla nuova crisi ucraina. Crisi che fa parte di una situazione generale molto complessa che ha radici profonde e che ha al centro vecchie contese russo-ucraine. Situazione delicata che va per prima cosa conosciuta e compresa per una gestione prudente e consapevole da parte della comunità internazionale. Di fatto c’è molto in ballo sul piano geostrategico.

L’Ungheria di Orbán difende quindi la sua posizione; il paese è membro dell’Ue e della Nato ma questo non impedisce al primo ministro di impegnarsi per far crescere i rapporti con il gigante euro-asiatico. Più volte Budapest ha levato la voce contro accuse e condanne occidentali nei confronti di Mosca, e difende i rapporti economici con la Russia. È Szijjártó a far notare che nel 2021 lo scambio tra i due paesi è cresciuto del 51%.

Le relazioni tra lo Stato danubiano e il Cremlino sono strette con l’attuale gestione targata Fidesz, non altrettanto avviene con Kiev, anche per il braccio di ferro riguardante la minoranza ungherese in Ucraina. Ma la faccenda sa pure di gas, come dimostra il recente accordo energetico russo-ungherese per le forniture da parte di Gazprom, aggirando l’Ucraina. Poi c’è anche il nucleare che è oggetto di investimenti da parte del governo ungherese con la benedizione e il sostegno russo.

Insomma, la visita di Orbán è vista come un tradimento, un atto irresponsabile dall’opposizione ungherese e dai vertici dell’Ue, e anche in questo caso il sistema dell’uomo forte d’Ungheria mette in mostra la sua concezione di appartenenza all’Ue. Concezione che vede il paese libero di muoversi secondo le sue convenienze, di non unirsi al coro e di individuare un proprio percorso prendendo un po’ di qua e un po’ di là con quell’equilibrismo che è tipico dell’attuale premier ungherese. Intanto il blocco dell’opposizione lo aspetta al varco di aprile. Staremo a vedere.

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