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Ora si dice pure che il debito si può cancellare

Ora si dice pure che il debito si può cancellareFrancoforte, una mascherina vicino alla Euro scultura – Ap

Europa e Covid Non esiste una «metafisica del denaro», per quanto affascinante sia il concetto

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 18 novembre 2020

Dopo l’intervista a La Repubblica del presidente del Parlamento europeo Sassoli, un altro tema scabroso, tra quelli afferenti all’universo della finanza pubblica e alla natura della moneta moderna, è stato sdoganato nel dibattito politico nazionale: il debito degli Stati, o parte di esso, può essere cancellato.

Ma come, sarebbe come se una famiglia decidesse a piacimento come e quando liberarsi dai debiti contratti per comprare la casa o l’automobile, per far studiare i figli, direbbe l’avveduto amico incontrato al bar. Osservazione saggia, o no? No, perché lo Stato non è come una famiglia. Per esempio, a una famiglia non è concesso di stamparsi i soldi a casa per fare la spesa. Lo Stato invece può finanziare la sua spesa stampandosi i soldi che vuole. Ma no, dirà il noto economista del talk show della sera, sono leggende, niente di più falso, «i soldi non nascono sotto i cavoli». Sì, ma nemmeno da misteriosi meccanismi che sfuggono alla comprensione degli umani.

Non esiste una «metafisica del denaro», per quanto affascinante sia il concetto. Al noto economista, infatti, bisognerebbe ricordare che durante la «rivoluzione americana» furono i biglietti verdi stampati perfino nei retrobottega dei negozi a finanziare la spesa bellica dei coloni, lo stesso lavoro che in Francia fecero gli «assignats» dopo il 1789. Ma anche che per i primi vent’anni del Secondo dopoguerra la politica monetaria è stata sostanzialmente assoggettata a quella fiscale, con le banche centrali in posizione passiva nei confronti dei governi. Fino a quando il monetarismo non ha conquistato di nuovo le menti dei governanti, diventando una vera e propria religione da una sponda all’altra dell’Atlantico.

In Europa ne sappiamo qualcosa, abbiamo subìto l’austerità, affidando le nostre vite alle virtù taumaturgiche della politica monetaria anche in presenza di recessione, stagnazione e deflazione. Tassi bassi e un mare di soldi incanalati nel settore bancario che non hanno fatto bene né all’economia né alla società (l’economia può andare bene senza che la società stia meglio). Finché non è arrivato il virus. E con esso la vecchia fissa keynesiana che quando l’economia va male non basta aumentare l’offerta di moneta, ma c’è bisogno innanzitutto che la moneta venga spesa. Via il patto di stabilità, più spesa in deficit, la stessa Europa che raccoglie i soldi sul mercato per finanziare gli investimenti nei Paesi membri.

Fantastico, ma nessuno finora ha spiegato perché nella crisi precedente il pareggio di bilancio è stato imposto anche ai Paesi in recessione e, soprattutto, perché alcuni Paesi del sud, con il caso estremo della Grecia, sono stati costretti a sacrifici inenarrabili per il loro salvataggio finanziario. Nessuno ha chiesto scusa finora. Ma tant’è. La storia dell’economia, almeno di quella contemporanea, è piena di queste contraddizioni.

Dobbiamo accontentarci, perciò, di un presidente del Parlamento europeo che ritiene quella della cancellazione di una parte del debito degli Stati, in particolare di quello contratto per la pandemia, «un’ipotesi interessante», una strada percorribile. E come?

Torniamo all’obiezione dell’amico incontrato al bar. Dove li prende i soldi Bankitalia per acquistare, nell’ambito del quantitative easing e del «programma di acquisto per l’emergenza pandemica» (PEPP), i nostri titoli del Tesoro che prima erano stati acquistati dalla banche commerciali? Dalla Bce, dirà il nostro amico. Bravo. Ma la Bce, a sua volta, da dove li prende questi soldi? No no, non li stampa in qualche tipografia di Francoforte. Non c’è bisogno nemmeno della carta. Scrive direttamente la cifra, crea il denaro dal nulla. Siamo al dunque. Con denaro creato dal nulla vengono liquidate le banche che hanno acquistato i titoli in asta o sul mercato obbligazionario e questi titoli finiscono in pancia alle banche centrali.

A questo punto lo Stato non paga più gli interessi alla banca commerciale ma alla «sua» banca centrale, che poi li gira di nuovo allo Stato sotto forma di diritto di signoraggio. Una partita di giro. Ma cosa succederebbe se la banca centrale trasformasse questi titoli in «titoli perpetui», senza scadenza? Di fatto sarebbe una cancellazione del debito. E, per tranquillizzare il nostro amico al bar, Bankitalia e la Bce non rischierebbero certamente di fallire.

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