Ora si cambia: liberismo e privatizzazioni
Nuova finanza pubblica Mentre continua la singolar tenzone fra l’establishment europeo e il «governo del cambiamento» gialloverde, pochi entrano nel merito del conflitto in atto. Un primo dato che salta all’occhio è che […]
Nuova finanza pubblica Mentre continua la singolar tenzone fra l’establishment europeo e il «governo del cambiamento» gialloverde, pochi entrano nel merito del conflitto in atto. Un primo dato che salta all’occhio è che […]
Mentre continua la singolar tenzone fra l’establishment europeo e il «governo del cambiamento» gialloverde, pochi entrano nel merito del conflitto in atto.
Un primo dato che salta all’occhio è che non siamo in presenza di un conflitto politico reale. È vero infatti che la Legge di Bilancio del governo Lega-5Stelle non rispetta, in merito al deficit, gli accordi precedentemente stabiliti, ma lo fa senza sforare le regole europee (che permettono un deficit entro il 3%) e dentro un contesto che prevede, in diretta continuità con gli ultimi 30 anni, un avanzo primario (entrate superiori alle uscite) anche per il prossimo trienno 2019-2021.
Di conseguenza, non siamo in presenza di alcun conflitto strutturale fra governo italiano e Commissione Europea, bensì di una sostanziale condivisione delle politiche liberiste e di una competizione solo sui luoghi del comando da cui realizzarle. Con lo sguardo di entrambi i contendenti sull’unico orizzonte delle prossime elezioni del maggio 2019. Se questo è il vero quadro, aspettiamoci una battaglia mediatica anche molto accesa, ma con implicito accordo finale.
C’è tuttavia un aspetto della Legge di Bilancio che va sottolineato, perché rasenta il surreale, se non addirittura il falso in bilancio.
Dopo aver promesso nazionalizzazioni a go-go, dall’Alitalia all’Ilva, dalla fibra ottica ad Ausotstrade, ecco infatti il colpo di scena: il governo gialloverde vuol far quadrare i conti prevedendo qualcosa come 18 miliardi di incassi da privatizzazioni ed alienazioni nel solo 2019!
Si tratta di una cifra spropositata, soprattutto se messa a paragone con quanto realizzato dai precedenti governi negli ultimi anni.
Si parla di alienazione del patrimonio pubblico, con l’apertura di un tavolo di confronto tra Mef, Ministero delle Infrastrutture, Anci, Assoinmmobiliare e Ance per interventi pubblico-privato sugli asset pubblici, con procedure accelerate che coinvolgano i Comuni.
Si parla di dismissioni verso Cassa Depositi e Prestiti di quote azionarie detenute dallo Stato in Eni, Enav, Enel; Leonardo, Stm e Poste.
Tutte operazioni che, ancorchè sbagliate, sono estremamente difficili da realizzare, tanto più nei tempi brevi previsti dallo scontro/incontro tra Roma e Bruxelles.
Siamo in realtà di fronte all’ennesima litania proposta da tutti i governi negli ultimi due decenni: privatizzazione di beni pubblici che accelera il depauperamento delle risorse collettive e dei diritti sociali senza alcun beneficio per l’interesse generale.
Un sorta di espropriazione della sovranità reale, agita dietro la bandiera del sovranismo, feticcio utilizzato per far passare, «nel nome del popolo», la continua penetrazione degli interessi finanziari dentro la società, la natura, la vita stessa delle persone.
Ben altro ci si aspetterebbe da un governo autoproclamatosi «del cambiamento»… a partire dall’acqua. È in discussione alla Camera dei Deputati la proposta di legge sull’acqua pubblica, direttamente ispirata dalle battaglie messe in campo per oltre quindici anni dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua e sancite dalla sovranità popolare, espressasi a maggioranza assoluta nel referendum del giugno 2011, dopo un percorso di mobilitazione e partecipazione dal basso senza precedenti.
Una proposta di legge sotto attacco da tutte le parti, siano esse le lobby delle multiutility collocate in Borsa, siano esse le forze politiche che, avendo interiorizzato ormai da tempo la dottrina liberista, non vedono altra strada che la mercificazione dei beni comuni.
Riuscirà, almeno in questo caso, il governo sovranista a dismettere il feticcio del nazionalismo e a corrispondere alla sovranità popolare, togliendo l’acqua dal mercato e i profitti dall’acqua?
Lecito dubitarne, ma sarà un banco di prova dal quale nessuno potrà sottrarsi.
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