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Ora la Omicron è prevalente, «ospedali a rischio paralisi»

Ora la Omicron è prevalente, «ospedali a rischio paralisi»Roma, Via dei Condotti – LaPresse

L’Iss e il ministero della salute stimano la variante più contagiosa all’81%. Tracciamento ko. 1988 casi ogni 100.000 abitanti nell’ultima settimana; 1669 nella precedente

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 15 gennaio 2022

Poco prima delle feste natalizie la prevalenza della variante Omicron era stata stimata al 21% ed era ancora Delta a prevalere, tra i contagiati dal Covid in Italia. Il 3 gennaio però la situazione si è ribaltata, con una prevalenza di Omicron stimata dell’81% – tra il 33% e il 100% a seconda delle regioni -, e la Delta al 19%. Da questi dati – ottenuti tramite un’indagine rapida (2632 campioni) commissionata dall’Iss e dal Ministero della Salute che hanno chiesto a 120 laboratori regionali di sequenziare il genoma del virus scegliendo in maniera casuale tra i campioni positivi ma garantendo la rappresentatività di tutte le fasce di età e la provenienza geografica – si rileva un andamento «molto simile a quello già descritto in altri Paesi europei». Il trend suggerisce che la co-circolante Delta subisca, come sottolinea l’Iss, «uno svantaggio competitivo nei confronti di Omicron».

SECONDO I DATI della cabina di regia relativi alla settimana dal 7 al 13 gennaio, l’incidenza a livello nazionale continua ad aumentare: siamo a 1988 casi ogni 100.000 abitanti, contro i 1669 della settimana precedente, mentre la velocità di trasmissione «si mantiene significativamente sopra la soglia epidemica» (l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è 1,56, in ulteriore aumento rispetto alla settimana prima, e in alcune regioni arriva anche a 2, ma l’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero è a 1,2, leggermente calato rispetto ai sette giorni precedenti). Ieri il bollettino riportava 186.253 nuovi contagi e 360 morti.

Il 13 gennaio il tasso di occupazione in terapia intensiva dei pazienti Covid era al 17,5%, due punti percentuali in più rispetto al 6 gennaio. Sale ancora anche il tasso di occupazione in aree mediche (27,1%, era al 21,6% il 6 gennaio). «Questo – comunica la cabina di regia – sta imponendo una revisione organizzativa delle prestazioni assistenziali erogate a favore dei pazienti Covid-19».

CAMPANIA, Calabria, Emilia Romagna, Fvg, Piemonte, Provincia di Trento, Puglia e Sardegna sono ad «alto rischio», e lo sono considerate anche l’Abruzzo, la Liguria e il Veneto per l’«impossibilità di valutazione» a causa del sovraccarico dei servizi sanitari regionali e della difficoltà a trasmettere i dati. Raddoppia, spiega il comitato tecnico-scientifico, «il numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione (649.489 vs 309.903 della settimana precedente)».

«L’ATTUALE situazione caratterizzata da elevata incidenza pari a circa 40 volte la soglia dei 50 casi settimanali per 100.000 abitanti – si legge ancora nel report settimanale – non consente una puntuale mappatura dei contatti dei casi, come evidenziato dalla bassa percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento, pari al 13% (la settimana prima era al 16%), ed in continua e costante diminuzione». La «fase delicata» dell’epidemia suggerisce «una più elevata copertura vaccinale, in tutte le fasce di età, anche quella 5-11 anni, il completamento dei cicli di vaccinazione ed il mantenimento di una elevata risposta immunitaria attraverso la dose di richiamo».

SILVIO Brusaferro, presidente Iss, commentando il monitoraggio settimanale, conferma «una situazione epidemica acuta» e sottolinea l’importanza di «invertire la tendenza alla crescita dei ricoveri per Covid». «L’età mediana delle persone che contraggono l’infezione – riporta Brusaferro – è di 37 anni, dato abbastanza stabile; per chi viene ricoverato in area medica o in terapia intensiva è di 67 anni e chi decede ha una mediana di 80 anni. La fascia di età 20-29 è quella con l’aumento dei casi maggiore, seguita da quella 10 -19: la curva dei contagi, ad ogni modo, è in crescita in quasi tutte le fasce di età». Un po’ come succede in quasi tutti i Paesi europei «anche se in alcuni la curva dei contagi comincia lentamente a calare». C’è da sperare dunque di essere vicini al picco della quarta ondata, ma il predominio della variante Omicron, «meno virulenta rispetto alla Delta» ma «estremamente contagiosa e diffusiva», nei prossimi giorni «può determinare – insiste Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute – una congestione delle strutture ospedaliere».

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